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Brigante Righetto Sotto il segno del crimine

La tradizione ci ricorda spesso la storia del brigante "buono" Tiburzi, ma la Maremma è stata anche terra di banditi senza scrupoli né attenuanti, come il brigante Righetto, morto domani, 158 anni fa, nel carcere fiorentino delle Murate. Al secolo Enrico Soppa, Righetto nasce nel 1834 nel podere di Banditella, vicino a Fonteblanda, da una famiglia di criminali e fuggiaschi sia da parte del padre Benedetto, che della madre Maria Giovannetti. Sposato nel 1852 con Ottavia Capacci, "donna di vile condizione" che gli darà due figli, Enrico apre un’osteria a Talamone, trasformatasi presto in bisca. Proprio a causa dei debiti di gioco, intraprende la vita da fuorilegge. Arrestato col cugino nel 1856 per una rapina finita in omicidio, viene rilasciato per reticenza dei testimoni. Poco dopo uccide il bracciante Michele Nocentini di Fonteblanda e sequestra un uomo, rilasciato dopo un riscatto di millecinquecento lire. Passa una settimana e la stessa sorte tocca al mezzadro Marco Fabbrizzi, costretto a pagare duemila lire per tornare a casa a Cala di Forno. Righetto uccide poi un mandriano, due carabinieri e altre persone collezionando dodici omicidi. Rinchiuso in carcere a Firenze, muore di tubercolosi il 16 agosto 1863, a soli 29 anni, con un curriculum criminale che fa paura ancora oggi.

Rossano Marzocchi