Firenze, 1 settembre 2023 - “Il futuro è già passato, e non ce ne siamo nemmeno accorti”. Diceva così Vittorio Gassman, nato giusto 101 anni fa, il 1 settembre 1922, a Struppa, alla periferia di Genova.
Nel suo passato ci sono l'eredità dei genitori (il padre un ingegnere civile tedesco, la madre ebrea pisana), un anno dell'infanzia vissuto a Palmi nel quartiere Ferrobeton progettato dal padre, il diploma di maturità classica (con grande passione per il greco) al romano Liceo Tasso e una promettente carriera come giocatore di basket coi suoi 187 centimetri d'altezza, poi messa in soffitta a vantaggio della recitazione. Del "mattatore", appellativo che lo ha sempre accompagnato dal 1959, quando ebbe grande successo televisivo in uno spettacolo dallo stesso titolo che poi traslocò nella riuscita commedia di Dino Risi, non è facile dare una sola definizione: gli riusciva tutto e apparentemente senza sforzo. Ma quando decise di mettersi a nudo, prima come attore e poi come uomo e svelò nella sua autobiografia i tarli dell'anima, si scoprì la fatica della perfezione, l'infaticabile ricerca del dettaglio, la necessità di superarsi ogni volta con precisione maniacale. Aveva fin da giovane la presenza scenica del prim’attore. Prestante e bello sul palcoscenico non ha mai avuto difficoltà a imporsi (tra i primi a riconoscere il talento ci furono Luchino Visconti, il compagno d'Accademia Luigi Squarzina e più tardi Giorgio Strehler). Al cinema dovette passare per piccoli ruoli fino a costruirsi una certa fama da "villain" e seduttore pericoloso come in "Riso amaro" di Giuseppe De Santis nel 1949. Il cinema, nella persona di Mario Monicelli, gli offrì l'occasione di essere "altro". Ne "I soliti ignoti" (1958) incontrò il successo nel modo meno atteso: con Peppe "er Pantera", pugile suonato, dalla parlata incerta, ladro per caso, indossò una maschera comica che lo avrebbe accompagnato per anni. Fu l'inizio di un'escalation inarrestabile che lo ha consegnato alla storia della commedia all'italiana, uno dei "quattro colonnelli" della risata insieme a Sordi, Tognazzi, Manfredi. Chiuderà la carriera là dove l'aveva iniziata, in palcoscenico, tra l'intensa recitazione di pagine poetiche, una memorabile edizione della "Divina Commedia" e lo spettacolo "Ulisse e la balena bianca" che è una sorta di testamento artistico ed esistenziale. Nato nel 1922, sognava di morire in scena e per poco non ci è riuscito. È stato un gigante solo, e forse proprio questo enorme vuoto che lasciava ogni volta che usciva di scena, lo rapiva e terrorizzava insieme. Unico attore, insieme ad Anna Magnani e Marcello Mastroianni, a figurare due volte nella toponomastica della Capitale. Si è spento il 29 giugno del 2000. Disse una volta: “Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me... che farete da soli?” Nasce oggi Carmelo Bene nato il 1 settembre del 1937 a Campi Salentina. Tra i protagonisti della "neoavanguardia" teatrale e maestro delle possibili sonorità espressive della voce. Ha detto: “Vivo in un Paese dove tutti credono in Dio e nessuno se ne interessa”. Maurizio Costanzo