
Raffaele Palladino è nato il 17 aprile 1984 a Mugnano di Napoli
Fondamentalmente ha vinto ma non ha convinto. E’ un destino strano quello che si aggomitola intorno a Palladino, allenatore giovane di antica filosofia calcistica. Lui i suoi obiettivi stagionali li ha raggiunti, portando la Fiorentina al punto più alto della gestione Commisso, restando in Europa e realizzando così ciò che a inizio stagione era considerato il massimo per le potenzialità della rosa. Eppure una larga fetta di tifosi continua lo stesso a contestarlo, imputandogli sostanzialmente di non aver dato un gioco e un’anima alla squadra. Ci sta, per carità. Eppure l’idea di chi scrive è che dietro a questo maldipancia ci sia anche altro che va ben oltre i meriti o i demeriti di Palladino. Qualcuno potrebbe osservare come a Firenze gli allenatori siano comunque destinati a finire nel tritacarne della critica.
Succedeva in tempi lontani: da Carosi ad Agroppi e Trapattoni passando per Ranieri (che fu invitato a "sparire" dandosi fuoco) hanno provato ciò sulla propria pelle. Ma negli ultimi anni questa variabile è diventata una costante. Solo Prandelli all’inizio ha raccolto consensi unanimi. Poi, da Mihajlovic a Delio Rossi, da Sousa a Pioli e Iachini, nessuno è sfuggito al trauma-contestazione. Neppure Montella, che dopo 3 anni di gran calcio se n’è andato fra i fischi. Neppure Italiano, che lo scorso anno di questi tempi subiva la stessa ondata di dissenso che oggi travolge Palladino. Insomma: la storia suggerirebbe che il rapporto tifoseria-allenatori qui è complesso da sempre. Ma la cosa che, personalmente, sembra contribuire di più ad alimentare il malcontento del momento è quella che potremmo chiamare la "sindrome della felicità mancata". Da troppo tempo infatti a Firenze non si festeggia niente. L’ultima volta fu nel 2001 con la coppa Italia e 25 anni senza una gioia sportiva qui non si erano mai registrati. E finché a vincere erano le solite note del Nord c’era come un senso di ordinarietà a non innescare malumori di rivalsa. Il guaio è che da qualche tempo squadre che per storia non erano superiori alla Fiorentina hanno cominciato a vincere in serie. Il Napoli che conquista 2 scudetti ma anche Roma e Lazio che alzano coppe e giocano nell’Europa che conta, perfino l’Atalanta che vince l’Europa League e che per 5 volte partecipa alla Champions.
La coppa Italia del Bologna è stata la goccia che ha fatto tracimare un vaso di amarezza interiore nascosta. Che non è rivalsa verso la gioia altrui ma insoddisfazione naturale per un declassamento di status che il tifoso non può accettare senza dolore. Così, se questa sensazione è giusta, la ricetta può essere una sola: si costruisca una squadra più attrezzata per poter competere. Si alzi il tasso tecnico della rosa da consegnare per il prossimo anno a Palladino nel tentativo palese di voler riconsegnare un pezzo di felicità sportiva a Firenze. Di ciò l’allenatore sarebbe il primo a giovarsene. O almeno, in caso di fallimento, colui destinato a salire sul banco degli imputati con più ragioni di quanto non accada oggi.
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