ALESSANDRO LATINI
Sport

Alla ricerca della coppia perfetta. Attaccanti ancora a ’quota zero’. Il ritorno di Gud, la forza di Piccoli. Chi l’uomo giusto accanto a Moise?

Le combinazioni ’giocate’ da Pioli, fra Cagliari, Torino e Napoli hanno mandato segnali discordanti. Dzeko? Dal primo tempo di domenica scorsa sono arrivati messaggi che l’allenatore ha già tradotto.

Le combinazioni ’giocate’ da Pioli, fra Cagliari, Torino e Napoli hanno mandato segnali discordanti. Dzeko? Dal primo tempo di domenica scorsa sono arrivati messaggi che l’allenatore ha già tradotto.

Le combinazioni ’giocate’ da Pioli, fra Cagliari, Torino e Napoli hanno mandato segnali discordanti. Dzeko? Dal primo tempo di domenica scorsa sono arrivati messaggi che l’allenatore ha già tradotto.

Misurare l’ambizione del concetto è fin troppo semplice. Stefano Pioli è stato chiaro fin dal suo primo giorno da allenatore (bis) della Fiorentina. Non si nascose neppure nella conferenza stampa di presentazione quando ammise di voler giocare con due punte vere e con un trequartista alle spalle. Concetto che più ambizioso non si può. Specialmente per la Fiorentina, reduce da una stagione con un attaccante soltanto (seppur bravo) in rosa. Ribaltare il concetto, con la volontà di mettere in campo una squadra propositiva e offensiva. Con un’identità chiara. Da metà luglio in poi in tanti hanno pensato che potesse essere più facile. Pioli no, le difficoltà le conosceva eccome. Difficile stravolgere mentalità e movimenti di una squadra che per un anno intero ha giocato in modo diverso, cercando Kean in verticale ogni volta che ce n’era la possibilità. Filosofie diverse. Lontane. Pioli sta lavorando su un concetto opposto di manovra, che fin qui - anche banale sottolinearlo - non ha funzionato.

Restiamo al campionato. 180 minuti divisi tra Cagliari, Torino e Napoli, partite nelle quali gli attaccanti della Fiorentina non hanno mai trovato la via della rete. Che poi, se vogliamo, è la logica conseguenza di gare così così e dei soli due punti in classifica. No gol, no party. Il riassunto è presto fatto. Eppure le punte hanno giocato. Kean e Gudmundsson con il Cagliari. Gud con Kean e Piccoli a Torino. E poi la coppia Dzeko-Kean nel primo tempo di domenica sera contro il Napoli, con il bosniaco sostituito da Piccoli all’intervallo. Borsino magrissimo, come detto. Punte ancora all’asciutto (gli unici gol viola in A sono stati segnati da Mandragora e Ranieri), con Piccoli che ha avuto le chance migliori, nel primo tempo di Torino e nel finale contro il Napoli. In entrambi i casi fermato dal portiere. Kean, se non è stato servito nel modo migliore, è pur vero che sta tirando verso la porta con una precisione rivedibile. Fin qui, per lui, un solo tiro nello specchio in tre partite.

A Cagliari un gol divorato sull’1-0 e che avrebbe chiuso la gara. In generale un volersi intestardire nel risolvere i problemi da solo, fin qui poco produttivo. Smaltita la febbre, Moise si ricandida per guidare ancora una volta l’attacco viola contro il Como. Formule possibili ce ne sono tante là davanti. Due punte, un trequartista più una punta, magari anche due trequartisti più lo stesso Kean. Ma al di là delle formule adesso conta altro. Ritrovarsi, lavorare insieme, aiutarsi. Perché i gol delle punte sono fondamentali. Non solo per la Fiorentina.

Alessandro Latini

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