
Jovanotti in uno scatto di Antonio Viscido, giugno 2013
Firenze, 119 luglio 2023 - Da ragazzo salì una volta a casa molleggiato, facendo finta che non si notasse la striscia di mascara sulle ciglia, disegnata per imitare l'amato Robert Smith e i Cure. Tornò da un viaggio in Inghilterra - era nella prima metà degli anni Ottanta - portandosi dietro un disco introvabile in Italia, da Smith ispirato e inciso dai 'Gloves', con un brano particolarmente delicato, 'Looking glass girl' certo non ripetuto quanto Ian Curtis e i Joy Division, con “people like you find it easy”, "Love will team us apart".
Antonio Viscido suonava allora il basso, sognando Firenze e Londraunite dall'onda nuova nel Tenax, col soprannome di Tony Vis Allan. Allora non ascoltava "Because the night" che ora dà il titolo alla sua mostra fotografica, in programma da venerdì 14 a martedì 25 luglio nelll’Ex Tipografia dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, in viaCesare Battisti, nell’ambito del Musart Festival 2023. La passione musicale su è trasfusa nella macchina fotografica e l'esposizione rende conto di un lungo lavoro all'obiettivo. L'ingresso è gratuito (ore 17-19). Le immagini sono, in parte, quelle degli artisti i cui lp si portava dietro nella busta 'Contempo records', nel cui negozio rimediò non pochi bootleg, tra i quali un anche un concerti degli Ultravox.Della musica è rimasta un'impronta prima sul pollice, che quasi spellò nell'esercitarsi a fare lo slapping, per imitare Tony Levin dei King Crimson, quindi nello sguardo e nell'obiettivo diventato strumento musicale, per ritrarre gli artisti più amati e i più apprezzati in età e generi diversi - 50 gli scatti selezionati, ma sullo schermo scorrono altre foto che colgono l'istante, il punto di intepretazione, più alto e significante, a volte un simbolo come le rughe e venature di Iggy Pop, Massimo Ranieri, Jovanotti, Roger Daltrey degli Who anziano tra i cavi e con il microfono lanciato in aria; le ore nove,al basso, di Peter Hook, prima nei Joy Division e poi nei New Order.
E non manca proprio lui, il Boss, Bruce Springsteen, carico di tutte le energie,non a caso posto in piedi all'ingresso della mostra allestita in un luogo originale: quella tipografia dell'Igm, in via Cesare Battisti, che è trasformata quasi in una "cave" musicale, con macchine di stampa e un palco base per accompagnare la visita con musica e concerti serali. In filigrana si coglie anche il lavoro di Marco Mannucci. Tra le cornici ci si imbatte anche nel bassista degli Who, dal cognome impronunciabile: Pete Townshend, traslitterato nella pronuncia in Townshuid o, peggio ancora, in Pithousand, ma questo è il bello delle passioni.
Michele Brancale