Dalle pergamene dimenticate nuova luce sull’esilio di Dante

Nel nuovo libro di Rita Monaldi e Francesco Sorti i documenti trovati nell’Archivio di Stato di Fermo sulla “fase marchigiana” dell’esilio degli Alighieri

Rita Monaldi e Francesco Sorti

Rita Monaldi e Francesco Sorti

Firenze, 4 marzo 2024 – Due antichi documenti finora dimenticati gettano nuova luce sull’esilio di Dante. Fino ad oggi quasi nulla si sapeva sulla vita e gli spostamenti dei familiari del poeta dopo la cacciata da Firenze. Nel loro ultimo libro, “Dante di Shakespeare III. Come è duro calle” (Solferino), i due autori Rita Monaldi e Francesco Sorti hanno riportato alla luce due pergamene datate 1306 e 1325 che in cui compare Jacopo Alighieri, uno dei due figli maschi del poeta, e fanno luce su una fase nascosta della vita degli Alighieri.

Si tratta di due atti notarili in cui Jacopo appare nella funzione di syndicus (procuratore) in alcune trattative politico-diplomatiche in cui è coinvolto il comune marchigiano di Fermo. I due antichi documenti che menzionano Jacopo sono custoditi nell’archivio di Stato di Fermo, ma fino ad ora si era creduto ad un caso di omonimia, visto che parevano non avere alcun collegamento con la famiglia Alighieri. Monaldi e Sorti nel loro nuovo libro hanno indicato il “tassello mancante“. Alcuni dei personaggi nominati nelle pergamene fanno parte di una cerchia con cui Dante era in contatto a Firenze durante l’ultimissima fase della sua attività politica: un gruppo di marchigiani legati alla potente famiglia marchigiana Da Mogliano. L’atto del 1306 fu stipulato in casa di un certo Gentile di Amoroso, strettamente legato ai Da Mogliano. E per i Da Mogliano lavoravano anche alcuni marchigiani (ad esempio un certo Gentile di Gualterone da Fermo) con i quali Dante a Firenze siedeva nell’assemblea del Consiglio dei Cento. I Da Mogliano si imparentarono poi con gli Ordelaffi, la famiglia (ricordata nella Commedia) che ospitò Dante a Forlì. Agli Ordelaffi apparteneva il celebre condottiero Scarpetta Ordelaffi, capo militare dei Guelfi Bianchi di Dante subito dopo l’esilio.

Jacopo quindi si poté inserire nelle Marche grazie ai precedenti rapporti del padre con personaggi di rango della regione. Ai tempi di Dante si era concentrata a Fermo un’ampia colonia di esuli fiorentini. Ancora oggi, come ricordano Monaldi e Sorti, un quartiere della città ha il nome di Contrada Fiorenza. Nella zona erano poi presenti gli Elisei, famiglia da cui provengono alcuni degli avi di Dante (a Fermo esiste ancora oggi il vicolo Elisei).

"Anche i traffici economici tra Firenze e Fermo erano molto intensi - aggiungono Monaldi e Sorti – e favorivano il flusso da e verso la Toscana”.

La “fase marchigiana“ dell’esilio di Dante e di suo figlio Jacopo spiega finalmente numerosi altri fatti. Il manoscritto più antico della Divina Commedia, il famoso Landiano (1336) è stato scritto da un copista fermano (Antonio da Fermo) su ordine di un concittadino (il Capitano del popolo Beccario di Beccaria) che aveva un antenato citato nella Commedia. Il Landiano inoltre porta tracce dialettali della regione, così come gli scritti di Jacopo. Infine è noto che la Divina Commedia rivela una conoscenza diretta, da parte del poeta, di luoghi, fatti e personaggi della regione adriatica. Le due pergamene erano state già notate negli anni Sessanta dall’italianista Febo Allevi (1911-1989), che però non aveva potuto inserirle nel loro particolare contesto storico.

"Noi siamo stati favoriti dalla digitalizzazione degli archivi - spiegano Monaldi e Sorti – Ora la ricerca e la verifica dei documenti sono molto più facili. L’archivio di Fermo in particolare si è rivelato di grande efficienza”.

La trilogia "Dante di Shakespeare” di Monaldi e Sorti, di cui “Come è duro calle” è il volume finale, racconta la vita e l’opera di Dante come se fosse narrata da Shakespeare in un immaginario dramma perduto. Come nella tradizione della coppia, la narrazione si basa su una grande documentazione storica e su approfondite ricerche negli archivi, che spesso li portano ad indagare fatti e ipotesi trascurati dagli storici.

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