Come si finisce per strada? La fragilità di Francesco lo spiega

La storia di una vita nell'ultimo libro di Paolo Lagazzi, 'Light Stone', edito dalla Passigli e presentato a Firenze dall'associazione culturale 'Il Palmerino'

Paolo Lagazzi

Paolo Lagazzi

Firenze, 7 gennaio 2016 - Come si finisce per strada? Secondo una battuta di Hemingway, ripresa da Jay McInernney in apertura delle sue celebri 'Mille luci di New York', "in due modi: gradatamente prima,e poi di colpo". L'italoamericano John Fante con un'amarezza che lasciava spazio al sorriso e alla speranza legava la precarietà sulla strada alla povertà dei migranti. Paul Auster in 'Città di vetro', primo dei racconti della sua trilogia su New York, ne esplorava le radici nello spaesamento affettivo all'interno della metropoli, alla ricerca dell'innocenza perduta, quindi in 'Timbuctù' nella fragilità psichica colta con grande senso di compassione e partecipazione affettiva. Ad un'altra latitudine Jean Claude-Izzo ne coglieva tratti frutto di convergenza della dispersione sociale e di quella affettiva ('Il sole dei morenti').

Per effetto dell'assenza che si fa “più acuta presenza”, come recitano i versi di Attilio Bertolucci, Paolo Lagazzi disegna nel suo romanzo 'Light Stone', edito dalla Passigli e presentato a Firenze dall'associazione culturale 'Il Palmerino' con Luigi Fontanella, Fabrizio Dall'Aglio e Ikuko Sagiyama, il percorso umano di Francesco, musicista affermato e amato dalla sua famiglia, che dopo i cinquanta anni vede esplodere dentro di sé una fragilità irrisolta, che si porta dietro fin dall'adolescenza e che diventa a lungo impermeabile anche ai suoi legami affettivi e familiari; legami che comunque attendono e lo accompagnano pazientemente. In Giappone, dove è stato invitato per esibirsi come violinista virtuoso e sensibilissimo, Francesco incontra una ragazza molto più giovane di lui, Shoko, che gli fa sembrare vicino l'avvento di una felicità bambina (potrebbe essere questo uno dei significati del nome della giovane donna): tra di loro c'è solo amicizia e uno struggimento per tanti versi inspiegabile. Per tanti anni rimangono tra i due forme di corrispondenza e quando, superati i sessant'anni, Francesco torna in Giappone ritrova Shoko, la sua amicizia come anche il suo diniego, che provoca in lui ossessioni e uno scivolamento progressivo nell'isolamento. Quando rientra in Italia si abbandona a una ricerca spasmodica e arriva a intravedere, per via informatica, il volto nascosto di Shoko, quello da lei sommerso per salvare la verità dell'amicizia. In essa Francesco riconosce una pietra leggera e luminosa, potremmo dire l'anima, che proprio in forma di pietra iridescente Paul Auster fa custodire dal protagonista di 'Lulu on the bridge' (diventato un bel film con Harvey Keitel).

Inseguendo questa luce, nell'apice dello smarrimento, Francesco comincia a uscire di casa la sera tardi e a trovarsi coinvolto nelle vite dei senza fissa dimora, a riscoprire la propria umanità, la vera musica che gli resta per ricominciare e per continuare, tornando nella casa di chi può amarlo e lo ama davvero. La “pietra leggera” diventa “pietra di luce” quando si esplora in lungo e in largo, accettandola, la propria vulnerabilità e anche il ritorno, con gratitudine, al punto di partenza. Il procedere narrativo di Lagazzi è ricco di immagini preziose, similitudini e di analogie che fanno da contraltare alle inquietudini del protagonista del romanzo che esplora progressivamente la propria vulnerabilità, il pentagramma fragile, prezioso e sospeso dell'esistenza. Lagazzi è un fine saggista, editor e traduttore di poesie dal giapponese. Per i 'Meridiani' di Mondadori ha curato le opere di Attilio Bertolucci, Pietro Citati e Maria Luisa Spaziani. Proprio a un verso di Bertolucci si deve il titolo del romanzo: la “light stone”, pietra leggera e pietra di luce. "Light Stone" ha ottenuto il premio di narrativa e poesia "Città di Fabriano", giunto alla sua ottava edizione.

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