OLGA MUGNAINI
Cronaca

Vannino Chiti, il grande saggio: "Dem senza memoria, sbagliano. Basta autocandidarsi, serve vincere. E facciano uno sforzo sulle alleanze"

L’amarezza per il partito: "Non si riesce a coinvolgere le persone e a essere presenti sui territori". Bocca al vertice della Fondazione Cr: "La debolezza della politica fa avanzare il partito dei manager".

Vannino Chiti, il grande saggio: "Dem senza memoria, sbagliano. Basta autocandidarsi, serve vincere. E  facciano uno sforzo sulle alleanze"

Vannino Chiti, il grande saggio: "Dem senza memoria, sbagliano. Basta autocandidarsi, serve vincere. E facciano uno sforzo sulle alleanze"

"Le forze progressiste non si possono permettere di perdere Firenze, perché è una città-mondo, chi non la conosce. Anche se ormai tutto è contendibile".

Nel caos totale del centrosinistra, nell’arrembaggio del tutti contro tutti, Vannino Chiti tira con estremo garbo le orecchie al suo partito e riparte dalle regole di base, dall’abc della politica, dice. Sottolineando: "In politica il metodo è sostanza".

Senatore Chiti, cosa ne pensa del caos delle candidature per la successione a sindaco del suo “allievo“ Dario Nardella?

"Penso che il centrosinistra stia sbagliando e che non stia tenendo conto di quello che ci è già successo. Potrei citare la mia città, Pistoia, ma anche altre dove ha vinto il centrodestra. Le regole devono essere altre".

Ce le spiega?

"Non si comincia della ressa dei candidati e dalla richiesta individuale delle primarie. In politica il metodo è sostanza. Si comincia dal fatto che il Pd, essendo il primo partito di una coalizione progressista, doveva, e dovrebbe, assumersi la responsabilità di organizzare incontri con le altre forze politiche alternative alla destra, prima bilaterali poi tutti insieme, per costruire il programma per un’alleanza sulla città. Questo è il primo aspetto decisivo".

E le primarie, sì o no?

"Dopo, all’interno di un’alleanza che si riconosce in un programma, si discute chi è il candidato o la candidata che meglio ne rappresenta la sintesi. Se non si raggiunge un accordo, a quel punto si fanno le primarie di coalizione. Ma se si fanno le primarie di partito, cosa si spera, che gli alleati si mettano sugli attenti? Non funziona così. Vedo che ognuno schiera un candidato, tanti si autocandidano, come se l’ambizione non fosse vincere ma candidarsi. Ma tornando ai programmi, non si definiscono bene se non si discutono anche con i cittadini, che poi sono i sovrani, che votano. Questa è l’essenza della democrazia".

Perché non si fa quello che lei dice, che sembrerebbe così logico e di buon senso?

"E’ l’abc di una buona politica. Non si fa perché, secondo me, il Pd non si riesce a costruire come partito presente sul territorio, con regole precise, capace di discutere programmi e coinvolgere le persone".

Solo a Firenze o un problema del Pd nazionale?

"E’ generale purtroppo. E’ difficile cambiare, lo so. Ma lo dobbiamo fare, assolutamente. E non intendo dire che si deve tornare a un partito di soli iscritti. Anzi, dico che non bastano. Gli iscritti ormai sono pochi perché da anni si trascura il tesseramento e il radicamento sul territorio. Anche per questo devono essere coinvolti quelli che si sentono di orientamento progressista, anche se non sono iscritti. Insomma, devo dire che sono molto preoccupato".

Il ruolo-peso di Renzi in un’alleanza progressista come lo vede?

"Il Pd dovrebbe fare uno sforzo per non far pesare pregiudiziali in tutti quelli che possono essere alternativi alla destra. Se poi Italia Viva o altri si tagliano fuori da un’intesa programmatica, ne risponderanno davanti agli elettori. Poi, bene i partiti, ma non vorrei che si sottovalutasse il peso di tante associazioni progressiste di cittadini che possono diventare un elemento vitale anche per la scelta dei candidati".

Cosa ne pensa della complicata elezione del presidente della Fondazione Cr Firenze?

"Sono rimasto impressionato come tutti. E non c’entra la destra o la sinistra, ma la debolezza di tutta la politica che fa avanzare il partito dei manager".

Come nelle multiutility?

"No, lì è ancora peggio. Perché verso la Fondazione Cr Firenze è necessario che la politica abbia un rapporto chiaro e trasparente di condivisione, ma alla fine è un ente autonomo. Nelle multiutility deve svolgere le sue funzioni che riguardano direttamente i cittadini e la vita delle istituzioni democratiche. Non si può dire che sono i manager a decidere le linee politiche e programmatiche, ma la politica. I manager le devono attuare".

A Nardella che consiglio darebbe in questo momento?

"Non ne ha bisogno. Ma per prima cosa gli consiglierei di svolgere fino all’ultimo giorno il suo ruolo di sindaco di Firenze, perché è suo dovere. Secondo, di aiutare le regole più che sponsorizzare i candidati. E poi vorrei ricordare, ma, lo sa bene lui e lo sa bene il Pd, che oggi a differenza di molti anni fa, tutto è contendibili. Ci sono realtà in cui si parte in pole position, ma quello che conta è arrivare primi. E la vittoria al traguardo non sempre coincide con la pole position".