
Un’amicizia più forte delle leggi razziali
Un’amicizia che ha superato le barriere economiche, sociali, religiose, sconfiggendo l’orroredelle leggi razziali. E che ieri è stata sigillata dalla consegna del riconoscimento di "Giusti fra le Nazioni". È quella nata fra Fortunato Nannicini (1897-1969), commerciante di bestiame di San Mauro di Signa, e Renato Cassuto, sarto ebreo di Firenze, con un lussuoso negozio in piazza della Signoria. I due avevano combattuto insieme durante la prima guerra mondiale e da allora erano sempre rimasti amici. Così, quando furono emanate le leggi razziali e iniziarono i rastrellamenti, Fortunato si mise alla ricerca del suo ex commilitone. E benché avesse sulle spalle una famiglia di dieci persone decise, con la moglie Duilia Guglielmi, di ospitare i Cassuto nella propria casa, dall’autunno del 1943 alla Liberazione. Dalle testimonianze raccolte dallo Yad Vashem è emerso che i coniugi Nannicini sapevano che i Cassuto fossero ebrei, ma lo tacquero agli altri familiari, vista anche la presenza in zona di soldati tedeschi. Dopo la Guerra le due famiglie hanno continuato a frequentarsi finché figli e nipoti non hanno deciso di ricostruire il passato. Ieri, la consegna del riconoscimento di "Giusti fra le Nazioni" ai coniugi Nannicini. Presenti l’ambasciatore d’Israele Alon Bar, il sindaco di Signa Giampiero Fossi, la dirigente scolastica Francesca Bini, il presidente della Comunità ebraica Enrico Fink, Sara Cividalli dell’Unione Comunitá ebraiche italiane, Mariagrazia e Giuseppa Nannicini in rappresentanza dei loro genitori. "Possano le buone azioni di Fortunato e Duilia – ha detto l’ambasciatore – essere una bussola capace di orientarci tra il bene e il male. Che la loro eredità morale ci incoraggi a fare la differenza, ad avere abbastanza coraggio per sentire compassione nei confronti di quanti hanno bisogno". "Questa onorificenza – ha detto il sindaco Fossi – è un onore per tutta la comunità". A San Mauro infatti qualcuno capì, ma nessuno parlò. Permettendo ai Cassuto di arrivare indenni alla Liberazione.
Lisa Ciardi