"Tragedia a Firenze: la ricerca spasmodica del quinto corpo e il dovere di solidarietà verso i lavoratori"

Sandro Rogari Quel quinto corpo che non si trova e la sua ricerca spasmodica, incessante da parte dei vigili del fuoco...

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Rogari

Quel quinto corpo che non si trova e la sua ricerca spasmodica, incessante da parte dei vigili del fuoco è la migliore rappresentazione di questa tragedia. Poi, una volta rinvenuto, come per altri corpi non basterà il riconoscimento. Sarà necessaria l’identificazione genetica perché un corpo sepolto da tonnellate di cemento è irriconoscibile. Allo strazio della morte improvvisa si aggiunge lo scempio della salma. Questa è una morte che dà il senso dell’annichilimento, della definitiva improvvisa cancellazione, senza senso e senza responsabilità da parte di chi la subisce. Manca un senso e questo concorre a rendere inaccettabile la tragedia. È l’annientamento di chi con un mestiere durissimo si guadagna il pane. Spetta agli inquirenti accertare le dinamiche e le responsabilità. La tragedia deve essere ricondotta a una analisi razionale. È un atto dovuto verso le vittime; è un obbligo di legge; è il necessario accertamento delle responsabilità. Ma questo resta estraneo al sentimento del comune cittadino che riflette su sé stesso, sul senso della vita dei propri cari e resta attonito. Vorrebbe abbracciare i famigliari di quei cinque lavoratori risucchiati d’un tratto dal vortice di una morte inaspettata; vorrebbe fare sentire ai loro congiunti, ai loro amici che non erano soli. Come non sono soli quei vigili del fuoco che con turni massacranti da giorni sono alla ricerca dei poveri resti di questi lavoratori. Alla morte dei cinque lavoratori non c’è rimedio. Il migliore ricordo di questi volti risucchiati nel nulla sarà il nostro concreto sostegno ai famigliari, con un messaggio forte e chiaro verso tutti coloro che vicino a noi si guadagnano il pane con lavori usuranti e pericolosi: non siete soli, italiani e stranieri, non siete soli. La Firenze civile deve avere uno scatto. Dobbiamo dire a voce alta che non ci sono vite di prima e di seconda categoria e che la nobiltà del lavoro è al vertice dei nostri valori.