
Lavori lungo gli argini (Marco Mori / New Press Photo)
Firenze, 29 settembre 2017 - Per ora sono rigagnoli. Sfilano in coma 10 metri sotto il parapetto degli argini fra Cure, Novoli e Rifredi rovesciando in Arno una manciata di litri d’acqua al minuto. Ma entro 60 giorni, la portata di Terzolle e Mugnone potrebbe far uscire dal letargo gli agnellini ora rinchiusi nel reticolo idraulico secondario dell’Arno. Trasformandoli in belve. La loro ultima esplosione è solo del 31 ottobre 1992. Il primo antidoto: la pulizia degli argini del Consorzio di bonifica Medio Valdarno che oltre a 5mila chilometri di reticolo tiene d’occhio anche i 13 bacini di Firenze formati da decine di canali, fossi e torrenti.
Tutti, o quasi, puntano l’Arno la cui tenuta nelle piene, dipende anche da loro. Per il check up il Consorzio quest’anno ha chiesto a 182mila fiorentini, in pratica 150mila in più, di pagare la tassa di bonifica. Dai 20 a 50 euro a bollettino che dovranno coprire anche i 6.187.727 di euro per la bonifica fiorentina.
Spesi bene? La risposta è nel nostro tour lungo le sponde di Mugnone, Terzolle e Mensola, i muscoli dell’Arno. A partire dal più pericoloso, il Mugnone che il 30 ottobre del 1992 esondò causando 34 miliardi di lire di danni. Ma nel tratto Landino-Poliziano lungo viale Milton, dove l’alluvione del 1992 picchiò duro, si parte male.
Almeno per gli occhi: gli argini sono zeppi di cocci, cartacce e sacconi neri di immondizia nascosti fra l’erba. La stessa che resta alta mezzo metro intorno all’alveo. Una scelta obbligata per mantenere l’habitat della fauna. Ma nei fatti una spugna raccatta-immondizia. Solo l’anno scorso quella pescata dalle sponde dal Consorzio ha sfiorato la tonnellata e mezzo. Le cose migliorano in piazza Puccini. Qui gli argini di pietra, in caso di piena, diventano una pista da bob. Ma al posto dello slittino, a novembre, ci sarà un torrente carico d’acqua che potrebbe sbandare e uscire.
Gli effetti delle ruspe però ci sono e si vedono. Da maggio a ora gli sfalci della vegetazione sono stati tre come anche su Ema, Affrico e Greve. Il risultato dalle Cascine fino alla rotatoria Forlanini: tabula rasa e argini modello svizzero. Tenuta pulita e in ordine più su a Manzolo la griglia che nel 2011 Italferr costruì per bloccare detriti e arbusti in arrivo in città.
L’altro sorvegliato speciale è il Terzolle che dopo aver attraversato Rifredi si tuffa nel Mugnone al ponte di S. Donato. Un cliente scomodo per il Consorzio che tra via delle Gore e Ponte di Mezzo oltre che nel braccio di ferro contro i rifiuti (così ingombranti da usare la ruspa per rimuoverli) è stato impegnato estirpare l’arundo donax, i canneti che tappano il deflusso dell’acqua.
Fu proprio una «palla» di queste canne alle 23 del 31 ottobre 1992 all’altezza del ponte di via Giuliani, bloccò la luce fra gli archi, affogando la strada. Oggi, qui, l’alveo è in ordine anche grazie al restyling di banchine e briglie dentro Careggi e delle scogliere a valle della casa dello studente. Più dura la partita sul Mensola: 5 chilometri di torrente a monte circondati da un paradiso verde che da Settignano puntano Varlungo, in buona parte tombati nel tratto cittadino.
Ma il pericolo c’è: nel 1993 gli argini si ruppero in 4 punti. Secondo le stime del consorzio l’area a rischio include 55mila abitanti, più o meno tra via d’Annunzio e via della Chimera. Ma la definitiva messa in sicurezza sarebbe vicina. I lavori da 11 milioni di euro per la tutela dell’oasi, la sistemazione delle due casse d’espansione e la riprofilatura dell’alveo inizieranno in poche settimane. La fine? Entro il 2019.