Firenze, il tassista ucciso: due processi appesi a un'autopsia

In attesa dei risultati degli accertamenti del medico legale, congelato il dibattimento in appello

Gino Ghirelli

Gino Ghirelli.

Firenze, 16 febbraio 2020 - I due procedimenti aperti per le botte e per la morte del tassista Gino Ghirelli sono quasi un rompicapo giudiziario. Che perfino i magistrati faticano a dipanare. Perché dopo un primo giudizio, che ha visto mandare assolti i due giovani imputati di lesioni gravissime, che ebbero con Ghirelli un violento alterco, è sopraggiunto il decesso.

Ed è stato aperto un secondo fascicolo per omicidio. C’è un nesso tra le botte che vengono contestate ai due giovani e la morte, sopraggiunta dopo oltre due anni quella notte di luglio del 2017? Lo dovrà stabilire l’autopsia, disposta dalla procura, affidata al medico legale Martina Focardi.

Il legale dei due indagati, Vittorio Sgromo, ha nominato anch’egli un proprio consulente, il dottor Massimo Forgeschi. L’autopsia è fondamentale perché all’esito di questa sono infatti agganciati i due procedimenti. Tant’è vero che la scorsa settimana, i giudici della corte d’appello hanno disposto un rinvio (al 20 marzo) proprio in attesa di vedere le conclusioni. Se non venisse rilevato un nesso tra il parapiglia di piazza Beccaria e la morte del tassista 68enne, si andrebbe avanti così, con il giudizio di secondo grado per i due giovani già sotto processo, il campigiano Nicola Fossatocci e l’iraniano, residente a Signa, Ajamy Houman Salizadeh.

Entrambi assolti in primo grado. Ma ora, entrambi sono anche indagati per omicidio volontario nell’ambito del fascicolo aperto nel dicembre scorso, dopo la morte dell’uomo. Ghirelli entrò in coma poche ore dopo la colluttazione con i clienti e non si è più svegliato. La sua famiglia, i colleghi, le persone che gli volevano bene, hanno visto la morte come la fine delle sue sofferenze, ma non si rassegnano alla verità giudiziaria che è stata scritta in primo grado, con una sentenza – appellata anche dal pm Paolo Barlucchi - che «condanna» il comportamento di Gino, addebitando a lui la prima mossa nella scazzottata che scaturì dopo una discussione sul pagamento della corsa. E i cazzotti che incassò Ghirelli, secondo il giudice, furono «una reazione proporzionata all’offesa» dei due giovani imputati/indagati.

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