Smart Working: meno morti 'in itinere', ma aumentano stress e ansia

Lo smart working aiuta a diminuire gli infortuni nel tragitto casa-lavoro ma apre a nuovi rischi per la salute dei lavoratori. In aumento stress e disaffezione dal lavoro. Un'indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

Smart Working

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Firenze, 19 maggio 2021 -  Meno  infortuni in itinere ma nuovi rischi per la salute dei lavoratori. Lo smart working è entrato prepotentemente nel linguaggio della politica e nelle vite di molti di noi, ma finora non era chiaro quali fossero gli effetti sugli equilibri fisici e psicologici delle persone interessate da questa nuova dimensione occupazionale. A colmare il vuoto ci ha pensato un'indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Salute e sicurezza sul lavoro nella pandemia: nuovi rischi e prospettive di evoluzione dei modelli di gestione” che sarà illustrata domani, 20 maggio, durante il Forum Annuale della Sicurezza sul Lavoro, in diretta streaming sul sito www.consulentidellavoro.it.

Dallo studio emerge che il bilancio degli infortuni durante il 2020 segna un'inversione di tendenza rispetto al numero degli infortuni nel tragitto casa-lavoro  (100mila denunce nel 2019, poco più di 62mila nel 2020)  e soprattutto dell’incidenza di questa voce sul totale in termini di mortalità sul lavoro (28,1% nel 2019, 16,8% nel 2020) dopo anni di crescita. In particolare tra le donne, per cui sul totale delle morti per infortunio sul lavoro, il 51% era ascrivibile a questa casistica.

D'altro canto se rimanere a casa, o comunque in ambiente domestico, permette di evitare i pericoli connessi con lo spostamento, dall'altro aumenta una serie di rischi potenzialmente anche più pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il 48,3% dei circa tre milioni di  smart workers  già lamenta disturbi e problemi fisici legati all’inadeguatezza delle postazioni domestiche; problematiche a cui si aggiungono elementi di possibile disagio del lavoro da remoto come l’aumento dello stress, collegato ai tempi di lavoro dilatati e dall’ansia da prestazione (49,7%), dall’indebolimento delle relazioni aziendali (49,7%), dalla paura di marginalizzazione (47%) e dalla disaffezione verso il lavoro (39,9%).

Inoltre  si ampliano i margini di rischio potenzialmente legati a un ambiente di lavoro che può variare nel tempo – il 27% dei  lavoratori agili ha lavorato nell’ultimo anno in luoghi diversi dalla propria abitazione, anche per lunghi periodi –, che non rispetti le normative minime di sicurezza impiantistica (elettrica, antincendio) o che non presenti ambienti e attrezzature adeguate. 

"È evidente la necessità di un cambio di paradigma nell’affrontare i temi connessi alla sicurezza sul lavoro, anche in considerazione della capillarità della diffusione dei nuovi modelli organizzativi che interessano tanto la piccola che la grande impresa» afferma Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Che aggiunge: "L’ultimo anno ha dimostrato che la sicurezza, prima che un adempimento, è un valore su cui investire, anche in tema di formazione. A tutti i livelli e per tutte le professionalità". 

Domenico Guarino

 

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