Carlo Casini
Cronaca

Cause della Sla: gli ultimi studi. La scoperta dell'Università di Firenze

La chiave sta in una proteina

Scienziato al microscopio in laboratorio

Firenze, 28 luglio 2022 - Si aprono le speranze di trovare una cura per la Sla, e il merito è (anche) fiorentino. Una malattia terribile e senza ancora una soluzione, la sclerosi laterale amiotrofica. La patologia che si stima colpisca 6mila italiani all'anno, specie fra i 40 e i 70 anni. E proprio in quella Firenze dove ha avuto più evidenza mediatica per l'accanimento che ha avuto verso la squadra calcistica della città - per ragioni ancora non chiare ha visto condurre alla morte alcuni dei suoi giocatori, tra cui Borgonovo e Bertini - si è scoperto uno dei meccanismi chiave che danno vita alla malattia.

La proteina Tdp 3

Il merito va all'Università di Firenze, che in collaborazione con quella di Genova è riuscita a riprodurlo in laboratorio. E comprendere, è la prima, imprescindibile e più importante fase per trovare una soluzione. Oggi, per merito degli scienziati, cordinati dal professor Fabrizio Chiti per l'ateneo fiorentino e dalla professoressa Katia Cortese per quello genovese, si sa che dipende dalla proteina Tdp-43 La notizia arriva dalla rivista scientifica 'Science Advances', dove hanno pubblicato il loro studio, che è stato possibile grazie ai finanziamenti di Fondazione Arisla e del Bando Fondazione Cr Firenze-Università di Firenze sulle malattie neurodegenerative.  

"Le ricerche sulla Sla ci dicono che nella grande maggioranza dei casi la proteina Tdp-43, che svolge la propria funzione nei nuclei delle cellule, si deposita in forma di inclusioni al di fuori del nucleo dei motoneuroni- spiega Fabrizio Chiti, ordinario di Biochimica al Dipartimento di Scienze biomediche, sperimentali e cliniche dell'ateneo fiorentino -  le cellule nervose dal cervello trasmettono ai muscoli lo stimolo del movimento, nel citoplasma cellulare. Ciò comporta due conseguenze negative": da un lato "viene a mancare la proteina funzionale nel nucleo", dall'altro "queste inclusioni proteiche si accumulano nel citoplasma con azione nociva. La conseguenza è che il paziente con Sla non riesce a muovere i propri muscoli a causa del malfunzionamento dei motoneuroni".  

"Riproducendo questo meccanismo in cellule in coltura simili ai motoneuroni grazie alla microscopia confocale Sted (Stimulated emission depletion) e alla sua alta risoluzione abbiamo isolato e contato nel tempo una per una le inclusioni di Tdp-43, attribuendole a classi in base alla dimensione - illustrano Roberta Cascella e Alessandra Bigi, autrici del lavoro - Attraverso un modello matematico e un'analisi di global fitting che include tutti gli andamenti temporali osservati per le varie classi, è stata descritta la formazione nel tempo di tutte le classi di inclusioni, identificando le inclusioni maggiormente responsabili della malattia".

"Sono risultate essere quelle di grandi dimensioni, a differenza di quanto succede nella maggior parte delle malattie neurodegenerative", precisa Cristina Cecchi, componente dell'équipe fiorentina. Non solo: "Si è scoperto anche che per la degenerazione dei motoneuroni giocano un ruolo la perdita di proteina Tdp-43 nel nucleo per il 60% circa, e per il 40% circa il suo accumulo nel citoplasma". 

La ricerca, alla quale hanno partecipato anche gli studenti in tirocinio a Firenze Dylan Giorgino Riffert ed Emilio Ermini, ha permesso inoltre di capire che le inclusioni più grandi di Tdp-43 sono attaccate dai sistemi protettivi di controllo di qualità presenti all'interno delle nostre cellule (proteasoma e autofagia), che tuttavia non riescono a eliminarle del tutto e a risolvere completamente il problema.  

I finanziatori

"Siamo molto felici degli esiti di questo studio da noi supportato - commenta Mario Melazzini, presidente della Fondazione Arisla - perché ci confermano quanto sia importante investire in ricerca di base per comprendere al meglio i meccanismi scatenanti la malattia e per poter costruire risposte mirate alle manifestazioni cliniche della Sla. Il nostro impegno è continuare a sostenere il prezioso lavoro dei ricercatori e contribuire insieme a loro a compiere nuovi passi in avanti"  

"Risultati come questo accendono un riflettore sull'importanza di investire nella ricerca. Fondazione Cr Firenze - afferma il direttore generale Gabriele Gori - sostiene le carriere dei ricercatori con circa 120 assegni/borse di ricerca ogni anno. E grazie a bandi specifici, in questo caso quello sulle malattie neurodegenerative finanziato per due annualità e per un totale di un milione di euro, contribuisce a sviluppare nuovi studi o realizzare infrastrutture di ricerca innovative. I nostri complimenti al team che ha aggiunto un tassello importante per comprendere una delle patologie neurodegenerative più complesse e invalidanti".