REDAZIONE FIRENZE

"Reagenti non certificati" Tamponi, affare milionario

Inchiesta per frode alle Asl toscane sui test appaltati a un laboratorio esterno. Due indagati. Le carte choc: "Sapevano delle difficoltà a trovare il prodotto"

di Stefano Brogioni

FIRENZE

"L’utilizzo per scopi di diagnostica in ambito clinico può avvenire solo a fronte di autorizzazioni specifiche da parte di organi competenti", ha detto al pubblico ministero Alessandra Ciervo, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, sentita nell’inchiesta della procura di Firenze culminata ieri in due misure interdittive nei confronti dei responsabili del laboratorio privato che ha lavorato in convenzione con le tre Asl regionali. Autorizzazioni che non c’erano. La stragrande maggioranza dei tamponi toscani sono stati dunque sviluppati dalla Synlab con un reagente "non validato", utilizzabile solo a scopi di ricerca: scarseggiava quello ufficiale, accreditato, ed è stato usato un prodotto che non era mai stato provato sulle macchine utilizzate. Il risultato fa tremare: a fronte delle mancate validazioni del reagente, emerge una "inaffidabilità dei risultati", come sottolinea il giudice Angelo Antonio Pezzuti nelle 17 pagine in cui ordina l’interdizione del rappresentante della società di diagnostica e del direttore di laboratorio di analisi cliniche dove materialmente venivano sviluppati test, con sede a Calenzano.

Nei confronti del primo, Francesco Epifani, l’interdizione opera sulla possibilità di concludere contratti con la Pubblica Amministrazione; mentre il secondo, Massimo Quercioli, è stato interdetto dall’esercizio della professione di direttore del laboratorio. "Erano perfettamente consapevoli delle difficoltà che avrebbero incontrato nel reperire i reagenti indicati in contratto", dice ancora il gip. Ma Synlab si candidò alla convenzione e la ottenne, superando un altro laboratorio di Lucca.

Un appalto da circa 10 milioni di euro: il prezzo concordato, per ogni tampone - per un massimo di 3mila test al giorno, eseguiti da aprile a metà luglio - era di 50 l’euro l’uno.

Volumi consistenti, in un momento dove trovare la "materia prima", ovvero i reagenti necessari a sviluppare il risultato del prelievo, era davvero impossibile. E qui arriva l’inchiesta delle Fiamme Gialle, coordinate dal sostituto procuratore Antonino Nastasi e dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli.

Per "lavorare" i tamponi, infatti, Synlab non avrebbe usato i reagenti certificati (marchio Arrow) ma un prodotto privo del marchio Ce, il cui uso è consentito solo in ambito di ricerca e privo di qualsiasi validazione. Tale reagente non era neanche tra quelli eccezionalmente ammessi dalle autorità sanitarie quando la pandemia era al picco. Tutto questo emerge delle testimonianze agli atti, ottenute grazie alla collaborazione nell’indagine da parte dell’Istituto Superiore della Sanità e dello "Spallanzani" di Roma, nonché della stessa Regione Toscana, ancora una volta ’parte lesa’ nelle inchieste scaturite dal Covid. Carte choc, dove i soldi appaiono più importanti della salute dei cittadini.