Pallanti
Il presidente del consiglio Giorgia Meloni sottolinea continuamente che la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen è un successo per l’Italia. Vero. Ma come si è presentato Fitto alla commissione parlamentare che lo ha interrogato sul suo eventuale programma di governo dei prossimi cinque anni a Bruxelles? Fitto ha illustrato i suoi propositi facendo un riferimento storico all’insegnamento europeista di Alcide De Gasperi. Si è presentato come un uomo di cultura europeista e democratico cristiana. Sostanzialmente antitetico alla tradizione europea che ha contraddistinto Fratelli d’Italia fino all’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni. I gruppi parlamentari della maggioranza europea hanno riconosciuto che pur avendo militato negli ultimi anni in partiti sostanzialmente antieuropei e conservatori, la sua cultura e la sua apertura agli ideali europei non era mai venuta meno. In sostanza, Fitto rappresenta un’anomalia italiana: la destra per lungo tempo relegata all’opposizione, ha oggi una classe dirigente improvvisata, di scarsa cultura e con idee antagoniste rispetto all’idea liberale e democratica dello Stato. Nel contesto italiano la più evoluta, per lo meno nelle sue esternazioni di politica estera, è Giorgia Meloni. Fitto, che avrà le deleghe alla Coesione territoriale e al Pnrr, è stato, nel governo italiano, ministro degli Affari europei e al Pnrr. Quindi la sua collocazione a Bruxelles tiene di conto anche della sua esperienza nazionale, oltre che alla tradizione politica degasperiana, di cui Fitto si è fatto scudo per stoppare le critiche che socialisti e liberali potevano fare alla sua nomina nell’esecutivo europeo.
Un grande ruolo per abbassare la tensione intorno alla candidatura di Fitto lo ha svolto, oltre al vicepresidente del Ppe Tajani, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il convergere di tutte queste varianti politiche è stato determinante per la nomina del politico pugliese nel governo europeo.