
di Iacopo Nathan
Protette da vicoli e case, nel cuore pulsante della città, ancora oggi vivono le botteghe artigiane che per anni sono state il fiore all’occhiello di Firenze. Lontane dagli occhi svelti dei turisti, ma a volte anche da quelli dei fiorentini, i maestri continuano con amore a portare avanti la loro arte, tramandandola di generazione in generazione.
Il nostro viaggio tra gli artigiani fiorentini, che nonostante tutto riescono ancora ad esportare eccellenza nel mondo, riparte dall’antica moleria Locchi. Ad aprirci le porte della bottega è stata la signora Paola, che da 1964 ha preso in mano l’attività e porta avanti la tradizione. Qual è la storia del vostro laboratorio?
"Il laboratorio nasce nella seconda metà dell’800 in San Frediano, patria degli artigiani. Il signor Locchi era mio suocero e inizialmente era specializzato in bicchieri di serie per navi da crociera e grandi alberghi. Quando questo tipo di attività iniziarono ad andare in difficoltà, mio suocero fu molto bravo a reinventarsi. Quando la marchesa Frescobaldi o la principessa Corsini passavano davanti al laboratorio, magari per chiedergli una riparazione, o un lavoro, lui subito si mostrava disponibile, pur non avendo mai fatto quel genere di lavoro. Aveva già capito che la nostra forza sarebbe stata l’artigianalità e il lavoro curato direttamente ad personam, non per la distribuzione. E così arriviamo fino circa al 1950".
Vada avanti.
"Mio suocero insieme alla moglie e al figlio, che poi sarebbe diventato mio marito, vivevano nella stessa palazzina dove oggi c’è il laboratorio, in via Burchiello. In età già avanzata, lasciato il laboratorio di San Frediano, il signor Locchi penso di aprire un laboratorio direttamente nel garage di casa, solo per le clienti affezionate e le case d’aste praticamente. Io sono venuta ad abitare qui dopo essermi sposata. Locchi purtroppo si ammalò gravemente e in pochi anni morì. Io, che facevo tutt’altro, mi sono ritrovata a gestire questo laboratorio da sola, sempre puntando sulla qualità e l’artigianalità. La cosa che maggiormente mi ha riempito il cuore di gioia è che negli anni, anche mia nuora ha fatto il mio stesso percorso, e ora anche mio nipote. La nostra è una attività tutta in famiglia possiamo dire".
Ci spieghi cos’è la molatura e racconti l’eccellenza della vostra bottega.
"La molatura è un procedimento di lavorazione del vetro, che permette di intagliarlo, renderlo unico e particolare. Passiamo dalle incisioni, fino ai tagli esagonali. E poi la nostra specialità sono le riparazioni artigianali, e i lavori su commissione. Pensate che io conosco per nome tutti i bicchieri che abbiamo fatto, li chiamo come la famiglia che me li ha commissionati. C’è il bicchiere Corsini, la coppa Frescobaldi, l’ampolla Medici e via dicendo. Pensate che Carlo d’Inghilterra, il principe, in salotto ha due vasi Hurricane fatti da noi, che ora per la mia collezione portano il suo nome. E poi abbiamo lavorato con il Vaticano, i bicchieri per il Quirinale, con dei principi russi, arabi, francesi, tedeschi. Abbiamo esportato il nostro vetro fiorentino in tutto il mondo. Se sulla produzione siamo tanti a fare certe cose, la nostra arte di molatura è unica, siamo rimasti i soli a farla in tutta Italia".
Come vede il futuro dell’artigianato? Come può rinnovarsi la tradizione?
"Io sono stata fortunata, quasi naturalmente mia nuora e mio nipote sono venuti a lavorare in laboratorio. Abbiamo anche dei dipendenti, dei collaboratori, che sono a loro volta dei maestri. Il futuro dell’artigianato sono i ragazzi, che si devono nuovamente appassionare ai mestieri e alle botteghe, devono tornare a capire l’importanza di certi lavori. Se avessi tanti soldi, ma tanti e ci ho pensato più di una volta, vorrei aprire una sorta di scuola, in cui i giovani possono imparare il mestiere. Purtroppo ci stiamo abituando troppo spesso agli oggetti usa e getta, da pochi soldi e fatti senza amore".