Quattro mesi di fuoco. Bandiere, gaffe, cortei e minacce sui social. La ‘guerra’ della città

Otto cortei, più di dieci seminari e un numero record di polemiche. Così Firenze ha vissuto il conflitto fra Israele e Palestina.

Quattro mesi di fuoco. Bandiere, gaffe, cortei e minacce sui social. La ‘guerra’ della città

Quattro mesi di fuoco. Bandiere, gaffe, cortei e minacce sui social. La ‘guerra’ della città

Quattro mesi di botte, risposte, frecciatine, cortei, bandieroni e gaffe. Sono quelli che hanno scavato una striscia di Gaza immaginaria nel cuore di Firenze. I suoi confini hanno trincerato l’anima di una città che, dall’inizio dell’attacco sferrato da Hamas a Israele il 7 ottobre, si è lasciata alle spalle 8 cortei di solidarietà, alternati fra popolo palestinese e israeliano, almeno 12 seminari pubblici sul conflitto e una quantità incalcolabile di polemiche. Voglia di smetterla? Nemmeno per sogno. L’ultima diatriba è fresca: Palazzo Vecchio organizza per il 24 febbraio il convegno ‘Pace e Giustizia in Medio Oriente’.

Ma quattro dei suoi relatori, finiscono nel mirino del console onorario d’Israele, Marco Carrai. "Hanno radici antisioniste e chiamano la caccia ai terroristi di Hamas, pulizia etnica: aspettiamo che il Comune di organizzi un convegno dove si parli di pace" argomenta Carrai. Gli replica il presidente del consiglio comunale, Luca Milani: "Nessuna intenzione di sminuire la gravità degli attentati di Hamas. Firenze non vuole arrendersi alla scelta della guerra". La scintilla si era accesa proprio in Palazzo Vecchio, due giorni dopo l’attacco e il rapimento degli ostaggi israeliani. Il 9 ottobre Nardella prova a spedire un messaggio di pace: insieme a Carrai issa la bandiera di Israele accanto a quella arcobaleno da un terrazzino di Palazzo Vecchio. Ma il boomerang torna indietro. L’ex consigliera Pd, Cecilia Pezza, lo gela su Facebook: "Avete dimenticato la bandiera di un altro Stato, quello della Palestina". Il post fa il pieno di ‘Mi piace’ anche di alcuni consiglieri dem. Scatta il dietrofront e, per spedire un messaggio di distensione, il sindaco espone stavolta lo striscione: ‘Firenze per la pace, due popoli e due stati in Medio oriente’. Niente più Israele. Pace fatta? No. Perché le polemiche tirano dritto.

Il 14 ottobre tocca alla manifestazione pro Palestina, organizzata dall’imam Izzedin Elzir in Santa Maria Novella. "Manca la legalità internazionale" dice. Il giorno dopo arriva il sit in pro Israele in piazza del Duomo: ci sono Carrai, il presidente della comunità ebraica Enrico Fink, il rabbino capo, Gad Piperno e le istituzioni. Ci prova a mettere una pezza l’abate di San Miniato al Monte, Bernardo Gianni. Il 23 ottobre mette in piedi la Marcia per la Pace che vede in prima fila il rabbino e l’imam insieme al sindaco. Con loro 10mila fiorentini che chiedono la fine del conflitto e la via diplomatica. Sembra una tregua, ma la trincea si scava di nuovo la tana. Un mese dopo la scintilla si accende in piazza San Lorenzo, teatro di una manifestazione pro-Palestina.

Tra la folla spunta un volantino dei Carc: "La resistenza palestinese ha sbaragliato il secondo esercito più equipaggiato del mondo". Gli organizzatori prendono le distanze. Ma è sale sulla ferita. Un gruppo di sanitari del Meyer intanto chiede le dimissioni del console di Israele Marco Carrai da presidente della Fondazione dell’ospedale per "incompatibilità" legata alle "sue posizioni su Gaza". Lui, colpito nei mesi scorsi anche da minacce sui social, si dice "sconvolto e amareggiato per accuse infamanti". La ferita si riapre e a metà gennaio l’Anpi di Bagno a Ripoli per il Giorno della Memoria invita l’imam a un "convegno sulla Shoah e il genocidio in corso a Gaza". Ripiove polemica sul bagnato. La Comunità ebraica e il console Carrai, inclusa l’Anpi provinciale, prendono le distanze. "Sono parallelismi inesistenti" dicono. L’evento trasloca al Cpa, la tensione invece non sembra volersene più andare via.

Claudio Capanni