"Pungente, ironica e dissacrante" Borghini e la comicità toscana

di Barbara Berti

"La comicità toscana? Pungente, dissacrante e ironica. E al cinema da ‘Amici Miei’ in poi si è affermata creando in vero e proprio genere, spodestando Roma e Napoli che erano le capitali della risata".

Così Fabrizio Borghini, giornalista e scrittore fiorentino, autore del libro "La commedia cinematografica toscana", pubblicato da poco da "Masso delle Fate".

Oggi alle 18 alla Limonaia del Castello Pasquini di Castiglioncello (Livorno) presentazione del volume alla presenza di vari attori, registi e autori toscani. A settembre presentazione anche allo spazio libri dell’Oasi Parterre di piazza della Libertà a Firenze.

Come nasce il libro?

"E’ frutto della mia passione per il cinema. In 90 pagine fitte di nomi, testimonianze, avvenimenti e curiosità racconto la storia della comicità toscana che dai racconti popolari, dalla letteratura, dal teatro e dalla radio, trova nel cinema degli ultimi 45 anni la sua formula di maggior successo".

Nel libro teorizza l’esistenza di un genere cinematografico, denominato commedia cinematografica toscana. Ci spiega meglio?

"Il genere sorge dalle ceneri della commedia all’italiana, la cui nascita si deve a due pellicole di Mario Monicelli come ‘Amici miei’, del 1975, e ‘Un borghese piccolo piccolo’, del 1977. Il grande successo di ‘Amici miei’, film ambientato a Firenze e dove si parla in fiorentino, nonostante gli interpreti non lo siano, spalanca la porta alla toscanità nel cinema italiano".

Ma per parlare di genere, bisogna dare un seguito...

"E così è stato. L’esplosione di Roberto Benigni consolida l’avallo del pubblico ai film dove si parla toscano, fiorentino prima, pratese poi e infine livornese. E quello che inizialmente sembrava solo un filone di successo, nel corso degli anni si trasforma in un vero e proprio genere, grazie ai successi di Francesco Nuti, Alessandro Benvenuti, Paolo Virzì, Leonardo Pieraccioni, Massimo Ceccherini, sorretti da autori come Ugo Chiti, Giovanni Veronesi, Francesco Bruni".

Il successo della comicità toscana è molto legato anche al teatro, penso ai Giancattivi...

"Assolutamente sì, con Alessandro Benvenuti che si fa conoscere dal grande pubblico. E subito dopo abbiamo l’esplosione di Francesco Nuti come solista: in sette-otto film ha incassato oltre 600 miliardi delle vecchie lire. Sul grande schermo sono arrivati tanti attori del teatro in vernacolo come Sergio Forconi, Katia Beni, Barbara Enrichi, Novello Novelli e altri".

Il ruolo di Pieraccioni?

"Ha proseguito il genere facendo anche lui incassi milionari. All’epoca c’era la casa di produzione Cecchi Gori, una sorta di ‘Medici’ del cinema toscano. Fecero esordire alla regia, dopo Pieraccioni, anche Giorgio Panariello e poi Massimo Ceccherini".

Oggi come sta il cinema toscano?

"Sopravvive grazie a Pieraccioni e Virzì. Ma non c’è più l’effervescenza degli anni passati: per mezzo secolo il cinema toscano era al top a livello nazionale e conosciuto anche fuori dall’Italia". E per il futuro? "Ci sono giovani interessanti che potrebbero portare avanti il filone. Penso a Michele Coppini che è reduce di ‘Dio in pausa pranzo’, ma anche Federico Bondi e il pratese Marco Limberti".

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