ROSSELLA CONTE
Cronaca

Ponte Vecchio, rabbia orafi: "Non riapriamo"

I negozianti hanno deciso di restare ancora chiusi. "Nessuna risposta alle esigenze del nostro settore"

Il cartello su una delle vetrine del Ponte Vecchio (Foto Gianluca Moggi /New Press Photo)

Firenze, 9 maggio 2020 - Finanziamenti a fondo perduto, cassa integrazione per almeno un anno, accordo sugli affitti e un piano per rilanciare il turismo. Sono le richieste delle botteghe-gioiello di Ponte Vecchio che il 18 maggio per protesta non alzeranno la propria saracinesca. "Ponte Vecchio e le sue botteghe, da sempre simbolo del suo patrimonio fiorentino in Italia e nel mondo resterà chiuso per assenza di risposte concrete alle esigenze del settore culturale, artistico, turistico. Le nostre botteghe sono nella storia. Noi imprenditori partiremo solo con progetti condivisi e sostenibili" si legge su uno dei manifesti affissi all’esterno delle gioiellerie-simbolo del ponte più famoso del mondo che, quasi tutte, rimarranno chiuse il 18 maggio.

Una protesta silenziosa per far arrivare la propria voce a Palazzo Vecchio e quindi ai piani alti. "Il Comune ci sta dando una mano ma noi abbiamo bisogno di decisioni forti dal Governo" non usa mezzi termini Giuditta Biscioni dell’omonima gioielleria e presidente dell’associazione Ponte Vecchio che, a nome di tutti i colleghi, ha inviato una lettera al sindaco Nardella, al presidente Rossi e al presidente del Consiglio Conte, chiedendo un aiuto per far sopravvivere Ponte Vecchio. "Noi lavoriamo principalmente con il turismo che non riprenderà prima della primavera dell’anno prossimo – aggiunge Laura Giannoni, titolare della gioielleria Fratelli Peruzzi -, è chiaro che senza un vero piano di aiuti non saremo in grado di aprire. Ad oggi non esiste una legge che ci tuteli".

I gioiellieri sono d’accordo: "Serve un intervento mirato - si legge nella lettera inviata da Biscioni - ad agevolare il raggiungimento di nuovi accordi tra i locatori e locatari tramite una serie di incentivi quali, "bonus" da riconoscere ai locatori per le mensilità non percepite causa chiusura obbligatoria dei locali commerciali; riconoscimento della cedolare secca del 10% applicabile a tutti i redditi da locazione di immobili censiti in categoria C1 qualora la proprietà riconosca una consistente riduzione del canone". "Non possono chiederci di fare un salto nel buio – sottolinea Elisa Tozzi, titolare della Maison Fratelli Piccini -. Abbiamo bisogno di informazioni e risposte concrete. Anche perché i finanziamenti non sono altro che indebitamenti. Non possiamo ripartire in questo modo". Secondo l’associazione manca anche un protocollo vero che permetta di aprire i propri spazi in sicurezza. "La maggior parte delle botteghe – le parole di Fernando Vettori, titolare della Gioielleria Vettori – sono molto piccole, non più grandi di 40 metri quadrati. In teoria potrebbe starci una sola persona all’interno. E anche per quanto riguarda la sanificazione dei preziosi nessuno ci ha detto niente. Chiaramente hanno bisogno di un trattamento diverso rispetto ad altri oggetti". "Non possiamo aprire in queste condizoni – conclude Ugo Gherardi della Gioielleria Gherardi -. Senza nessun tipo di aiuti e senza nessuna garanzia per il futuro". © RIPRODUZIONE RISERVATA