«Fiducia nella giustizia, ma fate in fretta, fatelo per Niccolò» / NEWSLETTER

Luigi Ciatti, padre del ragazzo ucciso in Spagna è ospite di Buongiorno Firenze, newsletter de La Nazione: «Agosto si avvicina, l’imputato non deve uscire dal carcere. Però qualche timore c’è»

Luigi Ciatti (Ansa)

Luigi Ciatti (Ansa)

Firenze, 18 gennaio 2021 - Il testo che segue apre Buongiorno Firenze, la newsletter che La Nazione invia ogni mattina agli iscritti alla sua community di lettori. Quotidianamente, Buongiorno Firenze individua un tema di cronaca e vita cittadina, di cui si parla  con un ospite: oggi Luigi Ciatti, padre del giovane fiorentino ucciso in Spagna.  Buongiorno Firenze tratta le principali notizie di cronaca, cultura, sport e offre suggrimenti su come scoprire e godersi la città      

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Per trovar la giustizia bisogna esserle fedeli: essa, come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede". E' una delle frasi più celebri di Piero Calamandrei, padre della nostra giurisprudenza. La fede dei viareggini, deve essersi incrinata drammaticamente, dopo la recente sentenza della Cassazione sulla strage. E comincia a scricchiolare anche quella di Luigi Ciatti. Lui e la sua famiglia, fiorentini di Scandicci, hanno perso un figlio, Niccolò, in un pestaggio avvenuto in una discoteca di Lloret de Mar, in Spagna. Era l'estate del 2017. Il prossimo agosto saranno passati quasi quattro anni, e in tutto questo tempo la magistratura spagnola non è stata in grado neanche di formalizzare il rinvio a giudizio del principale imputato, un ceceno inchiodato alle sue responsabilità (un calcio alla testa dopo aver atterrato il giovane scandiccese) anche dai video. Ad agosto, il ceceno incriminato dell'omicidio, uscirà del carcere, se nel frattempo il processo, che ad oggi non è neanche nell'agenda dei magistrati di Girona, non sarà finito. Per il caso di Niccolò Ciatti, si sono mossi anche i nostri Ministri. Dalla Spagna, han risposto che ad aprile si comincia, forse a maggio. Bisogna continuare ad avere fede, insomma. Quando, a quasi quattro anni di distanza, a una famiglia che chiede soltanto un suo diritto, sarebbe doveroso offrire certezze. 

L'OSPITE
Dal giorno in cui è morto, a soli 22 anni, suo figlio Niccolò, Luigi Ciatti non ha mai smesso di lottare per avere Giustizia. Con la G maiuscola. Ma il cammino è stato ancora più tortuoso di quanto si potesse immaginare. Ai ritardi della magistratura spagnola, si è aggiunta la pandemia. Adesso, assieme alla moglie Cinzia e alla sorella di Niccolò, Sara, ancora aspettano l'inizio del processo. La cameretta di Niccolò, da quel giorno è rimasta intatta. La loro vita, da quel giorno è invece sconvolta. Ma la disgrazia che li ha segnata, è diventata anche un inno alla vita e un continuo appello ai giovani al rispetto delle regole.

 

Luigi Ciatti, cosa vuol dire per lei 'giustizia'?  Giustizia è l'unica cosa che possiamo fare oggi per Niccolò. Riuscire a dargli questa giustizia che deve avere, a cui penso sempre, significa essere in un mondo che funzioni. Non si può lasciare impunito un crimine come quello, penso sia indispensabile per il nostro paese, per noi, per Niccolò, visto che nessuno ce lo restituisce.  Come sono passati questi quasi quattro anni. Sono passati con un pensiero fisso e costante. Niccolò davanti agli occhi. La domenica era il giorno che passavamo più assieme. Lavorando al mercato, si alzava presto ogni giorno. Invece la domenica poteva dormire un po' di più, in casa facevamo silenzio per non svegliarlo. Oggi questo silenzio è dato dalla sua assenza. E non ci diamo pace e mai ce ne daremo. Suo figlio è morto nell'indifferenza di una discoteca intera. Niccolò sarebbe rimasto spettatore come purtroppo hanno fatto tanti presenti? Niccolò era un ragazzo tranquillo. Ma per lui gli amici erano come fratelli. Non potrò mai saperlo, ma la mia sensazione è che Niccolò sarebbe intervenuto se fosse successo a un suo amico ciò che stava capitando a lui. Si sarebbe messo in mezzo per difenderlo, per farlo smettere. Niccolò è morto in una pista da ballo piena di ragazzi. Impensabile quello che ha subito. Cosa vi ha insegnato questa vicenda. La nostra era la vita di una famiglia normale, i problemi e le preoccupazioni di tutti. Senza più Niccolò abbiamo capito il senso dei figli: la fortuna di averli e crescerli, è qualcosa di indescrivibile. Non avere più Niccolò dopo 22 anni è un dolore senza fine. Questo dolore, se capito, aiuterebbe a dare alla vita il valore che merita. Niente a che vedere con il picchiare.  Eppure, la violenza è sempre più presente, anche tra i giovani. Come si può responsabilizzarli? Dovrebbero capire il dolore che fanno provare, ed essere messi al corrente di quello che rischiano. Andare a vedere un carcere e far capire cosa potrebbe aspettargli per tanti anni della loro vita potrebbe aiutare a ragionare. La soluzione per gli assassini di Niccolò sono pene esemplari, l'unico sistema per persone che vivono pensando di essere al di sopra delle parti o poter restare impuniti. Luigi, ha mai paura che questa giustizia non arrivi? Fino a un anno fa, non ci avrei neanche pensato, mi sembrava talmente impossibile che sinceramente non dubitavo. Adesso che mancano sette mesi a quel famoso 12 agosto, qualche timore iniziamo ad averlo. Il tempo passa, niente si muove, ci sono state le attenzioni al nostro caso dei Ministri però decide la Spagna. Se non si muovono è probabile che si arrivi davvero vicini alla scarcerazione e qualche timore lo abbiamo. Ma siamo in Europa, perché se uno Stato non è in grado, questo processo non viene celebrato in un altro Paese?

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