"Nessuna ricompensa" Solo per Misericordia

Presentato il film del regista Leandro Giribaldi dedicato alla confraternita. Otto secoli di dedizione al soccorso dei malati, dei feriti e dei bisognosi

di Giovanni Bogani

La storia della Misericordia. Cioè di quel gruppo di uomini che, da secoli, si occupano di soccorrere e curare chi sta male, chi soffre, chi è ammalato. Persone profondamente umane, anche se vestite in quel modo un po’ inquietante: un telo e un cappuccio, che lasciava scoperti solo due buchi per gli occhi. Ma sono stati questi strani figuri incappucciati a costituire il primo esempio di solidarietà organizzata, di compassione, di cura, di sostegno agli altri esseri umani.

Su questa storia – la storia della Confraternita della Misericordia – è stato presentato ieri sera al Mad–Murate Art District "Nessuna ricompensa", il film di Leandro Giribaldi, prodotto da Leone Multimedia, che racconta otto secoli di storia della confraternita. Il titolo riassume il principio fondamentale di tutti coloro che, per secoli, hanno soccorso malati, feriti, bisognosi. Non per ricevere qualcosa in cambio: non per denaro, ma per puro senso di carità. Cristiana, certamente. Ma, prima di tutto, umana.Questa è la vera misericordia: avere spazio nel proprio cuore per qualcun altro. E per questo si è chiamata Misericordia, la congregazione di "fratelli" provenienti da tutte le classi sociali che, in modo rigorosamente anonimo, hanno salvato le vite di milioni di uomini.

Raccontato dalla voce dell’attore Fabio Baronti, diretto da Leandro Giribaldi – autore di film sugli Angeli del fango dell’Alluvione di Firenze, sul pittore Giovanni Fattori e sugli altri Macchiaioli, sulle avanguardie artistiche del Novecento a Firenze – il film racconta in meno di un’ora la storia di un’istituzione che risale al Duecento.

La data ufficiale della fondazione della Misericordia è il 1244, per volontà di un frate domenicano, Pietro da Verona. Un frate appassionato, grazie al quale la confraternita si dedicò ad assistere i malati, a dar da mangiare agli affamati, ad alloggiare i pellegrini, a visitare gli infermi e a seppellire i morti. Un secolo dopo, nel 1348, la prova più tremenda. Far fronte alla alla peste di Firenze, quella descritta dal "Decameron" di Giovanni Boccaccio, che spazzò via metà della popolazione di Firenze. I confratelli si dedicarono a trasportare i malati sulle loro spalle, o con la "zana", una specie di cesta di vimini dove sistemavano il malato, trasportandolo come uno zaino. La storia di questi incappucciati benevoli prosegue, attraverso i secoli. Fra il 1915 e il 1918 saranno da accogliere i malati e i feriti della Prima guerra mondiale: poi quelli della seconda. E nei secoli, il soccorso e le cure rimarranno sempre gratuite. Perché il principio, importantissimo, è sempre quello: non si fa per soldi. Si fa perché si crede che ogni uomo abbia diritto a essere salvato.

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