I delitti del mostro: la Procura respinge la riapertura indagini. "Il quadro non cambia"

"Nuove investigazioni non porterebbero a risultati diversi", scrive il pm Turco rispondendo all’istanza presentata dai legali dei parenti delle vittime di Scopeti e della sorella di Carmela De Nuccio

La piazzola di Scopeti, teatro del duplice omicidio del 1985

La piazzola di Scopeti, teatro del duplice omicidio del 1985

Firenze, 4 febbraio 2023 - Hanno bussato alla porta della Procura di Firenze, ma nessuno ha aperto. E’ stata respinta l’istanza dei familiari di alcune vittime del “mostro“ volta a riaprire le indagini sui delitti (alcuni dei quali non hanno ancora un giudicato) e sull’ex legionario di Prato, Giampiero Vigilanti. "Le nuove investigazioni alla base della richiesta potrebbero anche in ipotesi esitare in modesti risultati che, tuttavia, valutati unitamente al materiale preesistente certamente utilizzabile devono essere in grado di giustificare un sostanziale ribaltamento del quadro indiziario", motiva la Procura. Condizione che, secondo gli inquirenti, non viene ravvisata nell’elenco di punti da profondire presentato nell’aprile dell’anno scorso da un pool di legali: Vieri Adriani, Antonio Mazzeo e Valter Biscotti, in rappresentanza delle vittime dell’ultimo delitto del 1985 a Scopeti Daniele Kraveichvili, sorella Jean Michel, e le due figlie di Nadine Mauriot, Anne ed Estelle Lanciotti; e di Rosanna De Nuccio, sorella di Carmela, ammazzata a Scandicci nel giugno del 1981.

In una quindicina di pagine, il procuratore Luca Turco smonta le richieste di accertamenti presentate dalle parti civili e strizza perfino l’occhio a vecchi spunti investigativi. Come la “pista sarda“. La macchina sportiva rossa, notata a Calenzano nell’ottobre del 1981, viene accostata a "quella all’epoca posseduta da Antonio Vinci, figlio del noto Salvatore. In una vecchia informativa, datata 5 gennaio 1985, destinata al pm Adolfo Izzo, i carabinieri di Poggio a Caiano segnalano che "lo stesso era in possesso dell’autovettura Alfa Romeo 1300 cc targata Fi 752455, tipo G.T., di colore rosso e con ruote munite di cerchioni in lega leggera sporgenti dalla carrozzeria". Il figlio di Salvatore aveva acquistato quell’auto nel maggio del 1981 e "ha avuto la piena disponibilità dell’autovettura suddetta per gli anni 1981, ’82 e ’83". Va detto che Vinci jr venne interrogato l’11 settembre 1983 (dopo il delitto di Giogoli) e riferì che l’Alfa rossa si trovava "ferma a Poggio alla Malva vicino alla casa del popolo da circa 4/5 mesi" perché aveva il motore rotto.

Ricostruzione che non convince l’avvocato Adriani che pensa invece, per quelle segnalazioni, alla Lancia Flavia di Vigilanti: "Non demordo, ho già pronta una nuova istanza", annuncia. Riguarda proprio i movimenti di auto notati la sera del delitto di Vicchio, nel luglio del 1984, verbali e testimonianze che si incrocerebbero con quanto riferì l’imputato-pentito Giancarlo Lotti nel processo “compagni di merende“ che si concluse con le condanne dello stesso Lotti e di Mario Vanni quali complici di Pietro Pacciani.

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