STEFANO BROGIONI
Cronaca

Pacciani scriveva: "Il mostro? Non è uno, sono tanti"

Agosto 1995: in una lettera dal carcere all’amico Sgangarella, Pietro Paccianianticipava la teoria del "gruppo"

Pietro Pacciani

Firenze, 29 luglio 2018 - "E’ sempre questa carogna, che a fatto tutto il male in Toscana, ma non è uno solo, sono diversi come dicevano i giornali ne parlò anche Visto te lo feci leggere in carcere a Sollicciano, poi prendono la povera gente che non sa’ niente, e fatto nessun male’ e chi a fatto il male sono sempre liberi». Le parole, compresi gli errori, sono di Pietro Pacciani. Scrive dal carcere. Urla la sua innocenza e al tempo stesso accusa. Ma sembra non parlare a vanvera; anzi, le sue parole, rilette oggi, risultano quasi profetiche, vista la piega che, negli anni successivi, prenderanno le indagini sul mostro. Anzi, sui mostri.

Il documento è seppellito fra gli atti del processo che porterà alle condanne di Mario Vanni e Giancarlo Lotti. E’ rimasto inosservato per tanti anni, forse dimenticato. Ma oggi, che si scava ancora alla ricerca della verità sui sedici delitti che hanno terrorizzato Firenze tra il 1968 e il 1985, quella lettera assume un altro valore. Perché Pacciani parla di più persone? Cavalca ciò che ha letto da qualche parte o sa qualcosa e comincia ad «agitarsi», in vista del processo d’appello che per altro lo vedrà assolto?

E’ l'agosto del 1995 quando dal carcere Don Bosco di Pisa parte una busta con dentro cinque pagine, scritte con l’inconfondibile grafia, la stessa dei tanti memoriali con cui ha fatto sapere al mondo di non entrarci niente con il mostro. Nove mesi prima è stato condannato all’ergastolo per sette degli otto duplici omicidi del mostro. Le date, di questo scritto inedito, affogato nel mare di carte del processo a Mario Vanni e Giancarlo Lotti, sono importanti. In quell’agosto del 1995, infatti, la teoria dei mandanti non è neanche in embrione e i ‘compagni di merende’ sono ancora macchiette da osteria nel mirino degli inquirenti. Eppure il ‘Vampa’ dimostra di aver le idee più chiare della procura.

La lettera scritta da Pacciani il 19 agosto del 1985, nel carcere di Pisa
La lettera scritta da Pacciani il 19 agosto del 1985, nel carcere di Pisa

Il destinatario della lettera è Giuseppe Sgangarella, un ergastolano che ha condiviso la cella di Sollicciano con Pacciani durante il periodo di detenzione di quest’ultimo per le violenze alla figlie. Il contadino di Mercatale sembra essersi affezionato a lui, che in quel momento è indagato per il delitto di Milvia Mattei (verrà assolto). Lo consiglia, lo rimbrotta, lo «avverte» del pericolo. Quello della prostituta di San Mauro a Signa è uno dei tanti omicidi collaterali al mostro mai risolti, ma anche su questo fronte, Pacciani sembra bene informato. «Non mi vorsi dare retta – scrive ancora il Vampa all’ex compagno di cella - , andasti da questa prostituta. Era l’amante di Vinci, prima fecero fuori lui, assieme a Baggio (si riferisce a Vargiu), perché sapeva qualcosa sul mostro, poi ammazzarono Vilma (Milva) Malatesta con il figlio Mirco. Poi anno fatto fuori questa Mazzei (Mattei) prostituta dove andasti tu in licenza».

Nel suo scritto Pacciani cita ‘Visto’: non può che riferirsi a un articolo uscito sul settimanale pochi giorni dopo la sua condanna. E’ un servizio in cui si parla, per la prima volta, del coinvolgimento nei delitti del pratese Giampiero Vigilanti. L’ex legionario finirà anch’egli in un’altra memoria difensiva scritta da Pacciani (precedente a questa lettera a Sgangarella) e destinata alla corte d’assise d’appello, che poi lo assolverà. Ma non essendo chiare le date, non si capisce se il Vampa citi l’articolo in questione o se invece il giornalista (Gennaro De Stefano, oggi defunto) abbia tratto spunto dal memoriale di cui era venuto in possesso.