Mostro di Firenze, spunta un altro identikit tra le vecchie carte

Ritrae l’uomo avvistato sull’auto rossa a Calenzano, ma con i capelli in testa. E la commissione d’inchiesta scova nell’archivio la genesi della pista sarda

Il delitto di Calenzano del 1981. Nel riquadro, l'identikit risalente a quell’anno

Il delitto di Calenzano del 1981. Nel riquadro, l'identikit risalente a quell’anno

Firenze, 21 settembre 2022 - Quaranta anni fa ci fu un depistaggio verso i sardi, per tenere lontani gli inquirenti dal mostro che poteva essere stato “smascherato“ da un identikit. C’è anche questo nella relazione della commissione parlamentare d’inchiesta: a queste conclusioni, i membri dell’organo parlamentare, sono giunti dopo aver rispolverato un fascicolo dimenticato nell’archivio della procura, incluso in quel pacco di carte che gli inquirenti hanno condiviso nel corso di un lavoro “parallelo“ a quello delle indagini ufficiali. E in fondo, anche i membri dell’organo bicamerale, dotati di poteri pari a quelli dell’autorità giudiziaria, hanno fatto un’indagine a tutti gli effetti. Così, guidati da un consulente d’eccezione - l’ex pm di Perugia Giuliano Mignini - i commissari si sono calati nell’estate del 1982. Quando, dopo il delitto di Baccaiano - in cui la calibro 22 uccise Paolo Mainardi e Antonella Migliorini - venne collegata la serie di omicidi a un precedente avvenuto nel 1968 a Signa: l’omicidio Lo Bianco-Locci, con quest’ultima, Barbara, sposata con Stefano Mele ma pure amante dei fratelli Salvatore e Francesco Vinci.

Ma come avvenne quel collegamento? E’ una diatriba che non trova una versione univoca. C’è il “ricordo“ di un maresciallo, che nel 1968 era a Signa, che, dopo l’ennesima coppia assassinata, si rammentò di quel precedente simile. Ma il giudice istruttore Vincenzo Tricomi riferisce, sempre negli atti del 1982, anche di un anonimo che avrebbe suggerito il sentiero da battere. La commissione, grazie alla "fondamentale collaborazione" della procura, ha scovato l’"archivio Parretti", dal nome del brigadiere di Calenzano che, il 3 luglio ’82, scrisse in una nota (che non sarebbe però stata trasmessa per via gerarchica) che una sua fonte sarda, dall’identità mai rivelata neanche al giudice Rotella (a cui mostrò i segni di un giuramento “di sangue“ per il silenzio), gli aveva confidato che i fratelli Vinci avevano ucciso nel 1968. E’ questo l’inizio della pista sarda?

Ma in quei giorni (30 giugno), La Nazione pubblicò per la prima volta anche l’identikit dell’avvistamento sulla macchina rossa avvenuto sul ponte della Marina a Calenzano in orario compatibile con il delitto avvenuto la sera del 22 ottobre 1981. Il mostro, ritratto nel disegno, si sentì in pericolo e ideò un piano per mettere fuori strada gli inquirenti, dirottandoli verso i sardi da cui aveva ereditato la pistola? Chissà. Intanto, oggi, spunta una seconda versione di quel volto tragicamente noto. E’ lo stesso uomo, 45-55 anni, che correva sull’auto sportiva rossa. Con i capelli.

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