
Riccardo Nuti (Foto Germogli)
Tavarnelle Val di Pesa, 18 febbraio - Se dovessimo racchiudere in un'equazione l'azienda agricola Montecchio, dovremmo utilizzare quattro variabili. Tante sono infatti le caratteristiche principali di questa fattoria dolcemente adagiata sulle colline di San Donato in Poggio, su un terreno di quasi 300 ettari. Oltre alla produzione di pregiati vini e di olio extravergine d'oliva, a Montecchio si trovano altre due tipicità del territorio: il cotto e la ricettività turistica.
Fu Ivo Nuti ad acquisirne la proprietà nel 1973. Montecchio era l'antica residenza dei Marchesi Torrigiani, il cui araldo si trova in varie parti all'interno della fattoria. E oggi che Ivo non c'è più, la sua passione, il suo amore per la terra, per il vino, per questa azienda, continuano a vivere nell'impegno dei figli, soprattutto di Riccardo che, accantonata la professione di avvocato, ha scelto di dedicarsi interamente alla Fattoria di Montecchio. Ed è lui a raccontarla.
Parliamo del legame tra la famiglia Nuti e Montecchio
“E' stata la grande passione per la campagna, a indirizzare mio padre, originario di Santa Croce sull'Arno e imprenditore del settore conciario, verso Montecchio dove, nel tempo, ha creato tutto ciò che oggi vediamo. Il massimo rispetto per il terroir e l'orgoglio di produrre un Chianti Classico Gallo Nero, sono stati i suoi principi fondanti. Il suo modo di procedere è stato molto metodico: ha cominciato dal campo, impiantando man mano nuove vigne e dando vita a un processo di totale rimessa a nuovo che si concluderà nel giro di tre anni. La parte dedicata alle viti è circa 23 ettari e, con l'attuale ristrutturazione, arriveremo a 29. Ovviamente ripianteremo tutto Sangiovese; abbiamo dei vitigni internazionali per dare delle piccole caratterizzazioni ai nostri vini, che vogliamo comunque legare sempre al territorio”.
Ma la produzione a Montecchio non si ferma solo al vino
“Attualmente abbiamo quasi 4000 olivi piantati in gran parte da mio padre. Le olive vengono spremute nel nostro frantoio. Inizialmente eravamo partiti con uno di quelli tradizionali a macina, che tuttavia non garantiva i parametri necessari sotto il profilo qualitativo. Da circa 15 anni abbiamo invece adottato dei macchinari più evoluti che permettono una frangitura a freddo estremamente efficace. Questo a vantaggio nostro e dei tanti produttori esterni che utilizzano il nostro frantoio e che possono beneficiare di un servizio che va incontro alle loro esigenze. Inoltre, proprio grazie all'ottimale gestione delle olive, fra un paio di settimane uscirà sul mercato il nostro primo olio extravergine d'oliva DOP. E, per completare la parte “alimentare”, qualche anno fa abbiamo introdotto anche una piccola produzione di miele”.
All'interno della fattoria è presente una fornace. Com'è nato questo connubio vino-cotto?
“Quella della terracotta è in realtà una tradizione, ripresa da mio padre circa 20 anni fa, che a Montecchio aveva radici profonde, sempre risalenti ai Marchesi Torrigiani. Alcuni vasi e orci marchiati Montecchio si trovano infatti tuttora nelle ville di proprietà Torrigiani, in lucchesia e in altre parti della Toscana. Negli ultimi anni, complice il ritorno ai vecchi sistemi di conservazione e lavorazione del vino, all'interno di recipienti alternativi al legno, è stata riscoperta la terracotta. E a Montecchio abbiamo dato la nostra interpretazione: abbiamo messo circa 15 quintali di uva di un sangiovese in purezza, il più importante che abbiamo in azienda, dentro degli orci molto grandi, all'interno dei quali è stata fatta tutta la vinificazione. Il risultato è un vino, il Priscus, con il nome di un gladiatore romano. Questo la dice lunga riguardo alle sue caratteristiche: un prodotto con una struttura molto intensa. Un vino di nicchia con l'etichetta incisa sul vetro e di cui sono state fatte solo 1000 bottiglie. Si tratta di un salto in avanti nella nostra produzione, una declinazione nuova di un antico metodo; indubbiamente l'apripista per altri vini che possano seguire questo genere di lavorazione”.
Fra i vini prodotti non mancano i supetuscan. Inevitabile ricordare Giacomo Tachis...
“Siamo tutti figli di Tachis, è giusto e doveroso ammetterlo, ma la storia della nostra azienda è rappresentata dal Chianti Classico e dal Chianti Classico Riserva, che continueranno ad essere fatti sempre con le antiche tecniche di produzione. Negli anni sono però nati un rosato tutto di Sangiovese e ben tre supertuscan, con una loro storia evolutiva: Il Pietracupa, che produciamo da oltre 20 anni, La Papessa, un Merlot in purezza, e l'Etrusco, un Cabernet Sauvignon con un piccolo taglio di Sangiovese, molto apprezzato sul mercato e così chiamato da mio padre in onore della presenza etrusca in Toscana. Viene poi prodotto il vinsanto e la grappa, fatta da un distillatore con le nostre vinacce”.
E nella Fattoria di Montecchio si può venire anche in vacanza.
“Certamente! Anzi, in tal senso, ci sono due opportunità. Una è data dal nostro agriturismo La Papessa, nato nel 2004 grazie alla ristrutturazione della casa colonica ubicata all'interno della tenuta, dalla quale abbiamo ricavato 11 appartamenti, una piscina e una zona ricreativa. Aperta questa porta sulla ricettività l'ultimo step è l'attività di rivendita del vino, che comprende un tour nelle cantine, nella fornace e un assaggio di prodotti tipici. Un'esperienza all'insegna del tuscan life style che viene molto apprezzata: soltanto lo scorso anno abbiamo registrato oltre 9000 visitatori”.
La presenza di suo padre è sempre molto forte in azienda.
“Talmente forte che presto ci sarà un vino che porterà il suo nome: Ivo. Sarà un Chianti Classico Gran Selezione e unirà il vecchio blend al nuovo, per dare il senso della continuità nella straordinaria opera da lui iniziata. La sua passione, unitamente ai suoi valori umani, racchiusi anche in un forte rigore e in una grande disciplina, sono l'eredità più bella che mi ha lasciato”.