
di Ilaria Ulivelli
La cardiochirurgia di Careggi è in difficoltà: la carenza di sangue sta diventando un problema cronico e molto serio. Che costringe a rimandare tanti, troppi interventi. Proprio quando il momento peggiore sembrava passato e l’attività stava riprendendo a pieno regime, anzi a volumi amplificati per recuperare gli interventi non effettuati – soprattutto, ma non solo – nel periodo più duro della pandemia (quando anche le sale operatorie erano state riconvertite in terapie intensive per pazienti Covid), è arrivata la carenza di sangue.
Un problema che causa criticità in tutti i reparti chirurgici, soprattutto quelli in cui è possibile che si verifichino significative perdite di sangue tali da determinare la necessità di fare trasfusioni al paziente.
Se da una parte c’è un occhio di riguardo per la cardiochirurgia, dove si cerca di far convogliare il maggior numero di sacche di sangue, dall’altra quando il sangue non arriva gli interventi saltano. Costringendo a riprogrammare i pazienti, molti dei quali con problemi gravi. Succede spesso, anche negli ultimi giorni è stata una via crucis.
"Dobbiamo invitare i cittadini a donare, ma questo non è sufficiente – spiega il direttore della cardiochirurgia di Careggi Pierluigi Stefàno – E’ necessario sedersi a un tavolo per stilare un piano regionale e uno nazionale che impediscano di arrivare a situazioni di questo genere".
In queste condizioni non solo è difficile smaltire gli interventi che si sono accumulati durante la fase pandemica, ma si rischia addirittura di allungare ulteriormente le liste d’attesa. Con pazienti che nell’attesa potrebbero perdere la vita. Il professor Stefàno è netto. "Bisogna intervenire al più presto, questo problema potrebbe impattare gravemente sulla salute pubblica – incalza – Rinviare l’intervento chirurgico per molti pazienti significa farli aspettare un tempo che potrebbe metterne a rischio la sopravvivenza".
Nei giorni scorsi le criticità maggiori si sono avute per la carenza di sangue del gruppo 0 positivo, ma purtroppo manca sangue di tutti i gruppi.
"Quando crolla la disponibilità di sangue – spiega il direttore generale di Careggi, Rocco Damone – arriva un alert al centro trasfusionale che fa scattare l’allerta nelle varie unità operative".
Ci sono giornate in cui i pazienti vengono portati in sala operatoria, già pronti per l’intervento, e poi riaccompagnati nelle stanze di degenza. Una situazione difficilmente sostenibile.
In queste condizioni le liste d’attesa anziché accorciarsi si allungano. E sarà difficile tornare a fare i numeri del periodo pre Covid. Praticamente impossibile incrementare. Prima del periodo pandemico la cardiochirurgia di Careggi effettuava circa 1.700 interventi all’anno. Era riuscita anche ad abbattere i tempi di attesa per gli interventi non urgenti, entro i sette mesi. Che non sono pochi. Ma soprattutto a evitare che un numero elevatissimo di pazienti arrivasse alla necessità di essere operato d’urgenza. Tutto il lavoro fatto è stato vanificato. Prima dal Covid e ora dalla carenza perdurante di sangue.