CARLO CASINI
Cronaca

Lorenzo Andreaggi Attore e scrittore La giovane memoria del Bandino

Dopo il successo dello spettacolo dell’Anconella, in autunno esce il libro ’Quanti moccoli in Paradiso’. Al posto di viale Europa c’erano vigneti e filari di ciliegi, ma quei campi erano già calcati dagli antichi Romani. .

Lorenzo Andreaggi Attore e scrittore  La giovane memoria del Bandino

Lorenzo Andreaggi Attore e scrittore La giovane memoria del Bandino

Attore, cantante, regista, scrittore e narratore: è Lorenzo Andreaggi, a 33 anni memoria e alfiere della fiorentinità, soprattutto e orgogliosamente di quel popolo a sud delle mura affacciato sui primi colli del Chianti. Giusto due settimane fa in uno spettacolo al parco dell’Anconella ha portato sul palco la storia di queste borgate dalla fondazione romana fino a oggi, corredandola con proiezioni di mappe a partire del 1400 e foto del secolo scorso; avvincenti spiegazioni e curiosi aneddoti, che si ritroveranno nel libro ’Quanti moccoli in paradiso’, in uscita in autunno.

"Il primo insediamento di rilievo risale al 1100, per opera di Bandino di Bencivenni Baroncelli, capostipite della famiglia Bandini: da qui il toponimo Bandino. Costruì una casa torre che i suoi eredi nel 1400 trasformarono in villa e poi in casa di fattoria, poi ampliata nel 1700 con giardino e grotta: la Villa del Bandino", inizia a raccontarci. Ma le origini sono ben più antiche: "Via di San Marcellino è stata la seconda strada battuta dai romani per andare alle terme: il Bagno a Ripoli. E proprio via di Ripoli fu invece la prima, era la vecchia Cassia romana; ancora possiamo vedere la pietra miliare con scritto M I, il primo miglio dalla città di Florentia". Una zona da sempre paludosa "perché andava spesso di fuori il grande fosso dell’Ancho Nello dove tutte le proprietà del Bandino, l’Albaergaccio, il Canto al Paradiso attingevano per le acque. Fu tombato nel 1959 e scorre sotto via Datini e via d’Antiochia, guardando una mappa del 1600 si vede quell’ansa che fa ancora la strada. Fino al 1300 però il fosso scorreva in via del Paradiso, poi venne deviato una prima volta alla fine del 1400 parallelo a via di Ripoli e infineuna seconda volta a metà 1600 nell’attuale corso. Sfociava all’altezza di piazza Ravenna dove tuttoggi si può vedere la bocca d’uscita. Le anconelle erano saracinesche di legno per regimentare le acque, da qui il nome del fosso e del parco".

Sotto al quartiere però scorre anche "un cunicolo che parte dalla villa del Bandino e arrivava all’ex monastero del Paradiso, poi continuava fino alla chiesa dei Moccoli e terminava alla Villa Il merlo bianco: costruito nel medioevo come via di fuga, venne utilizzato dagli abitanti della zona negli anni ’40 per fuggire dai tedeschi; ora ne è rimasto percorribile solo un tratto nella Villa del Bandino, il resto nel tempo è crollato o chiuso a cantine.

Nell’attuale zona di viale Europa "c’erano tutti campi con grandi filari di ciliegi e vigne, erano i poderi del casale il Canto al Paradiso, quello dell’attuale ristorante Tito,chiamato anche casale Lastrucci per la famiglia che fino ai primi anni ’60, prima dell’urbanizzazione, lavorava i campi fino a via delle Lame".

Ci sono poi personaggi che hanno fatto la storia, la lista sarebbe lunga ma indimenticabile è "Gino Bartali, che fece la salita dei Moccoli senza mani sul manubrio"; il curioso toponimo viene associato al modo fiorentino di chiamare le bestemmie, quando "nei mesi invernali i barrocciai scivolavano coi carri"; ma in realtà non è dovuto a blasfemie, bensì a usanze sacre: "nel medioevo venivano usati i gusci di chiocciola riempiti di grasso come candeline durante le vie crucis. Passato alla storia locale in negativo invece "Bernardo Bandini Baroncelli, nemico di Firenze perché partecipò alla Congiura dei Pazzi contro Lorenzo de’ Medici. Venne catturato a Costantinopoli con vestito alla turchesca e impiccato al Bargello: lo sappiamo grazie a un dipinto di Leonardo da Vinci del 1479 conservato al museo Bonnat di Bayonne". E se ancora oggi possiamo vedere la Villa del Bandino è perché"il principe d’Orange durante l’assedio di Firenze del 1529-30 ne fece il suo quartier generale ed è il motivo per cui non la fece distruggere, a differenza della maggior parte delle altre ville a Sud di Firenze"

Carlo Casini

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