
di Letizia Cini
Orgogliosamente ’stiano’, Remo Squillantini. Considerato uno dei più importanti pittori italiani contemporanei, l’artista di origini aretine è morto a Firenze 25 anni fa. E la sua città d’adozione ora lo celebra con una monografica che inaugura giovedì prossimo all’Accademia delle Arti del Disegno di piazza San Marco (fino al 30 novembre prossimo).
Inconfondibili le sue figure riconducibili, negli atteggiamenti, a quelle di padri illustri (Grosz e Dix), con qualcosa di grottesco. Tanto che Federico Fellini, dinanzi ad alcuni suoi quadri, disse: "Vi trovo similitudini con il mio cinema, sebbene Squillantini preferisca raccontare le contraddizioni e l’indifferenza di questo tempo". Non a caso la retrospettiva porta il titolo ’Amarcord. Alba e tramonto di un’epoca’.
Curata da Giovanni Faccenda, la mostra propone una carrellata di personaggi intenti nei riti della quotidianità, di cui il pittore evidenzia vizi, abitudini, debolezze e conformismi. Figure che offrono una visione disincantata del mondo cui appartengono sia esso quello dei caffé, dei suonatori di jazz, del calcio o dei borghesi che giocano a carte. Un sentimento profondamente malinconico che Squillantini ha saputo rendere con una sensibilità e un’ironia tutte toscane.
"Al centro dell’interesse di Squillantini c’è la figura umana, singola o a gruppi, che non si stanca di indagare attraverso un filtro dell’ironia – conferma la presidente dell’Accademia delle arti del disegno, Cristina Acidini –. Sfila nelle sue tele un campionario di soggetti inquietanti e patetici, vincitori e vinti, che tutti noi siamo certi d’aver incontrato, o almeno visto da lontano e magari segretamente criticato".
"Questa mostra e il catalogo che la accompagna vogliono rendere omaggio a un uomo buono e ricco di valori – sono le parole del curatore –, che sognò di diventare pittore, riuscendo, a un certo punto della propria vicenda terrena, con coraggio, e oggi sappiamo anche con successo, a realizzare quel sogno, a lungo custodito nell’angolo più segreto della sua anima".
Nella foto: ’Van Gogh nel bordello di Arles’, opera del 1991