REDAZIONE FIRENZE

La speranza oltre il dolore

Il dolore, sia fisico che morale, è una profonda sofferenza che può portare all'angoscia esistenziale. Viviamo in un mondo di dolore e la malattia può minare l'identità. La consolazione richiede amore e vicinanza, più delle parole.

Definire esattamente cosa sia il dolore è difficile perché lo stesso termine viene utilizzato sia per designare quello fisico sia per indicare quello morale come sinonimo di sofferenza. La forma più profonda di sofferenza è proprio l’angoscia esistenziale, una insoddisfazione che viene dalla coscienza stessa. Oggi viviamo in un mondo limitato e frustante immersi tutti nel dolore della gente e non è più possibile vivere come prima perché si è interrotta l’armonia dei nostri pensieri. La sofferenza restringe la vita e modifica il modo di interpretare il passato e il futuro: il passato diventa spesso un paradiso perduto mentre il futuro negativo e pieno di paure. Del resto la vita ha un inizio e una fine, acquista un significato per chi pensa di essere sano e forse ancora di più per le persone che cercano di comprenderla nella sofferenza. E’ possibile continuare a vivere in pienezza la propria esistenza nel tempo della malattia e del dolore?

Il dolore può portare alla distruzione della propria identità. È certo che in queste circostanze il tempo si ferma si paralizza, si frantuma e l’angoscia apre alla riflessione autentica della propria temporalità. La sofferenza e la malattia sono eventi naturali e come la morte fanno parte della esistenza. Tuttavia dal punto di vista della persona che soffre la malattia non è mai accettata come fatto naturale perché sconfessa il senso della vita stessa. Il dolore è strettamente connesso all’insorgere della malattia e il compito del medico è quello di individuare la causa e promuovere la salute attraverso la cura. In tal caso il dolore che si avverte è nel corpo ma come dice Sant Agostino “il corpo non può soffrire senza la sofferenza dell’anima”. Quando ci avviciniamo al dolore di un’altra persona a noi tocca l’atto pur nobile, ma sempre difficile della consolazione. Non è facile affrontare un malato e trovare espressioni di conforto sincere anche se lontane rispetto alla tempesta che lo travolge. Difficile infondere con le parole fiducia e coraggio. Meglio prendere la sua mano, quella del malato, e stringerla nella propria senza pronunciare frasi consolatorie cercando di trasferire in lui la speranza che solo l’amore può rendere concreta.