
La Mondeggi autogestita L’occupazione ’consentita’ che tratta con le istituzioni
di Pietro Mecarozzi
È l’occupazione fiorentina per eccellenza. Anche se appena fuori città, precisamente in una zona di intersezione dei comuni di Bagno a Ripoli, Impruneta e Greve in Chianti, quella di Modeggi tiene botta da quasi dieci anni filati. Si tratta della Mondeggi bene comune - Fattoria senza padroni, i cui militanti, nell’area di oltre cento ettari che abbraccia la storica villa, occupano tre delle sei case coloniche presenti e gestiscono orti sociali, vigneti e oliveti.
Per arrivarci bisogna addentrarsi nelle colline a sud di Firenze, e l’intero pacchetto – villa e azienda agricola – è passato in eredità alla Città Metropolitana dalla ’defunta’ Provincia (mentre la società gestiva la tenuta è fallita nel 2009). Nel 2014, però, hanno trovato cittadinanza nei casolari dell’immensa proprietà un gruppo di cittadini che "si riconoscono nel concetto di ’terra bene comune’– ci spiegano –, per l’autodeterminazione alimentare attraverso l’agroecologia e la libera condivisione dei saperi".
Nelle tre case coloniche, anche se il via vai di persone è continuo, si contano una trentina di occupanti, tra famiglie e singoli. Tra bandiere No Tav e striscioni, sono tanti anche gli attrezzi del mestiere e i macchinari agricoli che la comune ha accantonato negli anni.
Chi vuole unirsi all’occupazione, inoltre, deve rispondere al ’Manifesto di Genuino Clandestino’, mentre le decisioni che coinvolgono la comunità vengono stabilite in un’assemblea plenaria. "Pratichiamo l’autogoverno – continua un militante – e la partecipazione alla vita e alle attività della comunità di Mondeggi è libera". Come libero – aggiunge – è anche l’usufrutto di orti, vigneti e oliveti "aperti alla comunità dei cittadini".
In altre parole: "Siamo un’alternativa concreta al sistema capitalista vigente", si legge nel manifesto. Dieci anni sono tanti, però, e volente o nolente le criticità emerse dall’occupazione di un luogo pubblico vengono a galla. Non mancano infatti le lamentele dei contadini vicini, che negli anni hanno storto il collo di fronte a una "agricoltura fatta senza vincoli e regole che invece i proprietari terrieri devono rispettare".
Per colmare questo gap, nel 2022 la comune ha istituito anche un’associazione, con la quale regolarizzare le pratiche – sopratutto dell’azienda agricola – ed essere ’riconosciuti’ a livello istituzionale. Proprio con le istituzioni è anche in corso un’interlocuzione in merito al ‘Progetto di rigenerazione territoriale della tenuta’ della Città Metropolitana, finanziato all’interno dei piani urbani integrati con i fondi del Pnrr. Un dialogo pacifico – anche se attualmente congelato, dopo la revisione dei fondi adottata dal governo – che pone sotto i riflettori il futuro che attende la comune, in quanto, è bene ricordare, si tratta pur sempre di un’occupazione abusiva di un bene pubblico, e quindi nata nell’illegalità.
Per il momento non c’è stato un aut-aut da parte delle istituzioni, ma le basi da cui partire sono state chiarite fin da subito. "Se i comitati accetteranno un confronto sul piano della legalità e della regolarità – disse poco tempo fa il sindaco Dario Nardella –, chiudendo l’occupazione abusiva, ci sediamo al tavolo". Dello stesso avviso anche il sindaco ripolese Francesco Casini: "Il dialogo c’è ed è sempre aperto, purché si operi nel rispetto delle regole".