
di Titti Giuliani Foti
La musica di Verdi scatena vibrazioni ed energie, capaci di tradurre la fisica in arte. Non poteva che essere La Fura dels Baus, diretta da Carlus Padrissa e dal maestro Mehta, a interpretare il carattere di una creazione immensa, di una saga universale, come “La forza del destino”. L’opera innominabile di Verdi, marchiata dal sigillo della sventura, non spaventa i grandi artisti del Maggio, che nel calendario dell’83esimo festival propone l’opera domani alle 19 (repliche 7, 10, 16 - il 19 alle 15.30 – il 6 alle 21 su piattaforma ITsART). Il Teatro del Maggio riunisce Fura e Mehta, che incantarono il pubblico già nella Tetralogia di Wagner circa 10 anni fa. Nel cast Saoia Hernàndez, Annalisa Stroppa, Roberto Aronica, Amartuvshin Enkhbat, Ferruccio Furlanetto, Nicola Alaimo. Il melodramma, in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, è tratto dal testo Don Alvàro o la Fuerza del Sino di Saavedra, duca di Rivas.
La struttura complessa dell’opera presenta tematiche contrastanti e inesorabili, come amore, morte e vendetta. Il tempo e le energie che governano l’uomo sono rappresentate in scala, dall’intimità del singolo personaggio all’universalità del fatto storico. Illuminante è la descrizione fatta da Padrissa, che racconta come fonte d’ispirazione siano state le teorie metafisiche di David Lewis e un grande interferometro di Michelson, da cui è nata l’idea della scenografia e dei video. Due tunnel di 3 km di lunghezza ospitano specchi e laser, che funzionano nel vuoto e convergono con uno schema di interferenza. Anche questa è la magia del teatro.