di Stefano Brogioni
FIRENZE
Un ruolo nei sopralluoghi precedenti l’omicidio di Marco Biagi e un’accusa di associazione sovversiva inserita nel contesto del delitto di Massimo D’Antona. Un cumulo di oltre 25 anni di pena ma che adesso il “compagno Carlo“, grazie alla buona condotta e ai benefici previsti dalla legge, ha finito di scontare.
Da venerdì, Simone Boccaccini, 66 anni, ex idraulico del Comune di Firenze, nonché sindacalista - radiato dopo l’arresto - dell’Rdb, è un uomo libero. Potrebbe essere tornato a Grassina, la sua residenza quando, nell’ottobre del 2003, la Digos lo prelevò. Potrebbe, perché nessuno lo ha visto in paese e al campanello non risponde.
Sono passati meno di ventuno anni da quella notte. A decretare la liberazione, nell’estate rovente delle carceri italiane, è stato il tribunale di sorveglianza di Alessandria, nel cui penitenziario Boccaccini ha passato l’ultimo periodo di detenzione da recluso modello. Figura controversa, la sua, nel panorama delle Nuove Brigate Rosse di Nadia Desdemona Lioce, Mario Galesi (ucciso nel conflitto a fuoco in cui morì anche l’agente della polfer Emanuele Petri) e Roberto Morandi, l’altro fiorentino (lavorava a Careggi) di questa colonna nata a cavallo del nuovo millennio. Oltre alla partecipazione ad alcune rapine di autofinanziamento (una in via Torcicoda, 6 febbraio 2003), proprio l’amicizia, provata, con Morandi, ha collocato Boccaccini nel gruppo brigatista. Il 12 marzo del 2002, ovvero una settimana prima dell’omicidio del professor Biagi - freddato sotto casa a Bologna, in via Valdonica, mentre rincasava in bici, senza alcuna scorta -, l’idraulico di Grassina venne fermato al Ponte alla Venturina, vicino a Porretta, confine tosco-romagnolo, con a bordo l’amico e militante combattente Morandi. Per l’accusa erano stati alle prove generali dell’esecuzione, come dirà anche Cinzia Banelli, la pentita “compagna So“, citando "Carlo".
Ma Boccaccini, a differenza degli altri, resterà nel limbo: si diffuse la voce a caldo di una sua dichiarazione di “prigioniero politico“ poi non confermata. Rimase in silenzio anche i processi: solo un memoriale. "Non esiste alcun atto processuale utilizzabile in cui si dichiari un militante rivoluzionario", ricorda l’avvocato Sandro Guerra che, con il collega Eriberto Rosso, lo ha difeso nei processi di Roma e Bologna. Processi in cui, nel 2005, la Corte di Assise di Bologna gli ha inflitto l’ergastolo. Pena ridotta a 21 anni in Appello nel 2006 e confermata in Cassazione nel 2007. Nel 2005, è stato assolto dall’accusa di omicidio per la morte di Massimo D’Antona, però condannato a 5 anni e 8 mesi per associazione sovversiva confermata in Cassazione nel 2007. A Firenze, è stato investito anche da una nuova indagine per l’omicidio dell’ex sindaco Lando Conti. Ma da quell’accusa fu prosciolto.