CARLO CASINI
Cronaca

In fila alla mensa della Caritas. Ivan, Hassan e tutti gli altri: "Dormiamo dentro un cartone"

Quattrocento coperti al giorno per chi non ha soldi per il cibo. Storie di povertà e solitudine. "Sono laureato in giurisprudenza ma ho fatto il lavapiatti. Ora non ho più niente e sono vecchio"

In fila alla mensa della Caritas Ivan, Hassan e tutti gli altri "Dormiamo dentro un cartone"

Firenze, 6 settembre 2023 – Ore 13, mensa Caritas di via Baracca. All’ingresso solo un paio di persone, qui è già tardi, perché alle 10,45 comincia il pranzo. "Alle 10,30 c’era già la coda. – racconta Pablo, un responsabile che ci accompagna – Di media serviamo 400 pasti al giorno, più altri 1.500 che prepariamo in monoporzioni dirette a strutture di accoglienza".

Per accedere si deve esibire una tessera che si ottiene dopo un colloquio ai centri d’ascolto, ma da qualche anno anche in un ufficio vicino. Questo non solo per verificare le reali esigenze e raccogliere dati statistici utili a studiare e risolvere i bisogni, ma anche per attivare la grande macchina territoriale della solidarietà e orientare verso una soluzione ad hoc: oltre al circuito diocesano, continua Pablo, "facciamo rete con associazioni, strutture e Comune, con cui c’è molta sinergia".

E spesso con successo, visto che tra gli utenti "circa la metà sono storici, sull’altra metà c’è molto ricambio". Nelle due sale una ventina di persone, perché di lì a un quarto d’ora chiuderà. Sono per lo più stranieri. Ma ci sono anche italiani e in aumento: "Dopo il Covid tanti di più" conferma il responsabile. All’apparenza sembra un qualsiasi self service aziendale. Piatti semplici, il profumo è buono, l’aspetto invitante. Le persone prendono un vassoio e possono consumare un pasto completo con una scelta tra tre primi, due secondi, due contorni, frutta o dolcino. Oggi si mangia minestrone, pasta o riso in bianco o al pomodoro, bastoncini di pollo fritto, ricotta, verdure miste: "I cuochi fanno attenzione a dare una scelta alimentare completa, con opzioni anche per vegetariani e musulmani". Questa è la mensa della Caritas più grande, ma c’è anche quella di piazza Santissima Annunziata, e "da 67 anni c’è anche la rete diffusa sul territorio delle più piccole mense di quartiere": anche l’aspetto delle relazioni umane è importante, perché spesso la povertà va a braccetto con la solitudine. Ma anche qui si creano amicizie, all’uscita ci si ferma volentieri ai giardini davanti sulle panchine a fumare una sigaretta e far due chiacchiere. E così facciamo anche noi, scoprendo storie dove vite normali sono crollate d’improvviso. Come quella di Ivan, rumeno, 37 anni: "Sono arrivato nel 2015, ho fatto il boscaiolo, il bracciante agricolo, il muratore. Ma sono caduto da un albero facendomi male alle gambe e non ho più potuto fare sforzi. Poi mi hanno scoperto una brutta malattia dalla quale mi sto curando. E così dormo in quel monolocale open air (scherza amaramente indicando un giaciglio, ndr) da due anni, anche d’inverno. Eppure sono europeo, dov’è l’Europa?".

E c’è anche chi ha una laurea, come Hassan, sessantenne marocchino che mostra buona cultura e modi distinti: "Ho fatto Giurisprudenza, poi sono andato in Svizzera, poi in Italia. Sono atterrato a Fiumicino a 27 anni. Regolare. Non come la gente che arriva ora, con il barcone, senza sapere la lingua, senza un mestiere, senza un progetto. Io avrei voluto fare l’avvocato. All’inizio ho fatto il venditore in spiaggia come molti connazionali, poi l’agricoltore, il manovale, il lavapiatti. L’ultimo lavoro è stato il ferramenta, per sei anni, poi il negozio ha chiuso e chi mi riprende a lavorare a questa età?".