
di Barbara Berti
"Il teatro? E’ la mia vita. Anche oggi se mi fanno male le gambe e ho altri acciacchi, il palco mi mantiene fresco grazie alla sua ‘ginnastica’ dell’anima e della fantasia".
Glauco Mauri, attore e regista italiano, con i suoi 92 anni compiuti si avventura nel nuovo progetto "Interno Bernhard", portando in scena due testi dell’autore austriaco: "Il Riformatore del mondo" e "Minetti, ritratto di un artista da vecchio".
Il debutto, in prima nazionale, è al Teatro della Pergola martedì alle 21, repliche fino al 15 gennaio. La produzione è della Compagnia Mauri Sturno, per la regia di Andrea Baracco e con la partecipazione di Stefania Micheli, Federico Brugnone, Zoe Zolferino, Giuliano Bruzzese, oltre Roberto Sturno, protagonista del primo testo, e ovviamente Mauri protagonista del secondo testo.
Mauri, per la prima volta la sua compagnia affronta due dei personaggi di Thomas Bernhard tra i più iconici nella drammaturgia della seconda metà del ‘900: perché questa scelta?
"Roberto (Sturno,ndr) ed io abbiamo sempre creduto che il nostro lavoro, come tutte le arti, debba contribuire all’arte del vivere. Oltre a recitare per soddisfazione umana e artistica, il nostro compito è quello di aiutare il pubblico a farsi delle domande, quindi siamo sempre propensi a proporre testi che fanno riflettere ed emozionare".
In tutti questi anni di carriera, quando si è particolarmente emozionato?
"Tante volte. Ma c’è un curioso episodio che risale a un paio d’anni fa. Era l’ultima recita di ‘Finale di Partita’ di Samuel Beckett, dopo lo spettacolo in tanti mi aspettano fuori dal camerino, entusiasti per lo spettacolo. Due donne rimangono in disparte, così poi vado da loro, per sapere se avevano apprezzato. E le due donne mi dicono di non aver capito bene lo spettacolo ma avevano compreso il senso, cioè che nella vita si ride, si piange e poi di nuovi si ride. Ed era proprio quello che pensava Beckett: lì mi sono molto emozionato e ho pensato: questo è il senso del teatro".
Che caratteristiche hanno Minetti e Il Riformatore del mondo?
"Sono due personaggi che non fanno nulla per essere amati: la vocazione distruttiva non può che produrre una feroce e agognata solitudine. Non sembra per loro esserci risarcimento possibile davanti alla beffa dell’esistenza. L’unica possibilità di sopravvivenza sembra la ricerca della perfezione che per Minetti si traduce nell’attesa di recitare per l’ultima volta il suo memorabile Lear".