LUDOVICA CRISCITIELLO
Cronaca

"Il pedone" Giuseppe Giacobazzi : "Soddisfatto della mia vita qualunque"

Il cabarettista di "Zelig" porta sul palco del Teatro Verdi una ironica riflessione sulla quotidianità "In una società dove tutti sognano di essere dei pezzi pregiati, brilla il fascino della normalità".

"Il pedone" Giuseppe Giacobazzi : "Soddisfatto della mia vita qualunque"

Vivere la vita come se fosse una scacchiera. Succede nell’ultimo spettacolo del comico Giuseppe Giacobazzi, alias Andrea Giuseppe Sasdelli, intitolato "Il pedone. Luci, ombre e colori di una vita qualunque", in scena il 2 febbraio (ore 20,45) al Teatro Verdi di Firenze. Attore e cabarettista romagnolo che per anni ha calcato il palco di "Zelig" alternandolo al teatro, al cinema e alla televisione. Un "one man show" in cui Giacobazzi prende per mano il suo pubblico introducendolo nella vita di tutti i giorni: in una società dove tutti sognano di essere dei pezzi pregiati, brilla il fascino della normalità.

Come mai il paragone con una scacchiera?

"Tutto nasce in un’osteria a Bologna tanti anni fa. Avevo 17 anni e un mio amico paragonò la vita a quella di una partita a scacchi in cui noi siamo come i pedoni che fanno un passo alla volta per difendersi, mentre tentano di arrivare in fondo e ‘indossare un vestito migliore’. Questo mi ha dato lo spunto per rinverdire un bel po’ di ricordi".

Oggi una vita qualunque piace sempre meno?

"La verità è che siamo sempre in cerca di cose effimere, io preferisco cento volte la mia vita qualunque rispetto a chi non è mai soddisfatto di nulla. Cerco di godermi attimo per attimo quello che mi conquisto".

La normalità è un concetto che oggi bisogna maneggiare con cura. Forse a volte può anche ferire?

"Normalità può essere tante cose diverse. Io parlo di normalità alla vecchia maniera, vita normale nel senso di vita quotidiana, piena dei soliti impegni".

Così è anche più facile ricordare il canovaccio?

"Ovvio (ride, ndr) e poi mi piace raccontare episodi reali, rispondenti alla realtà. Poi magari li coloro con qualche battuta in più, traviso i nomi per non mettere in imbarazzo amici o parenti".

La sua è una comicità che non fa più solo ridere ma fa riflettere. Si ritrova con quest’affermazione?

"Sì, perchè quando ho iniziato ero un personaggio molto macchiettistico, calcavo sulla mia pronuncia romagnola, poi pian piano si sente il bisogno di liberarsi di tutti gli orpelli che non servono, e mi sono reso conto che sul palco ci andavo io, non soltanto Giacobazzi".

Far ridere la gente oggi è diventato più difficile o no?

"Per quanto mi riguarda non è cambiato, vedo però che le persone ridono maggiormente una volta entrati nel mio mondo perché si riconoscono".

Un ricordo che la lega a Firenze?

"Eravamo in un ristorante vicino al Verdi, c’era un gruppo di ballerini giapponesi che doveva esibirsi il giorno dopo. Finimmo a cantare con loro in giapponese e italiano, complice il Brunello".