EMANUELE BALDI
Cronaca

Il Melarancio 40 anni fa: "Non salga, è un massacro"

I ricordi di Alberto Locchi, nel 1983 giovane volontario della Misericordia di Firenze. Ora la tragedia che costò la vita a 11 bambini napoletani è diventata un film

Alberto Locchi, all'epoca fratello della Misericordia di Firenze, oggi è il presidente della Misericordia di San Pietro Martire

Firenze, 30 ottobre 2023 – “Un fumo acre faceva da cappa, sullo sfondo, già dove il buio aveva il sopravvento sulla luce del sole. Il pullman pareva accucciato contro il muro della galleria".

Alberto Locchi, una vita a macinare asfalto per gli altri, quel 26 aprile del 1983 - pomeriggio - era un giovanissimo volontario della Misericordia di Firenze. Ricorda bene, e glielo ricorda quella cicatrice ancora fresca sull’anima, quando piombò dopo una corsa frenetica con la ’Firenze 23’, ambulanza della Misericordia, dal Campo di Marte fino alle viscere della galleria del Melarancio e qui fu fermato da un camionista. “Non ci vada là dentro – mi disse – è un massacro, non ho mai visto nulla di simile in vita mia. Chi può uscirà, ma per chi è intrappolato servono solo i vigili del fuoco". "Detto questo – ricorda Alberto – quell’uomo si appoggiò al muro e pianse".

Dentro quel pullman, aperto come un panetto di burro da un coltello bollente da un tubo di ghisa di 130 metri, si erano già spezzati i germogli di vita di Edoardo, Maurizio, Stefania, Gianpaolo, Eva, Annalisa, Francesca, Alfredo, Riccardo, Giancristoforo, Alessandro. Undici fiori perduti, Undici innocenti – ragazzini napoletani diretti al lago di Garda per una gita che a quell’età è vita esplosiva. La tragedia del Melarancio compie quarant’anni. Quarant’anni da quando il pullman, incanalato in una sola corsia, degli adolescenti della scuola media Edoardo Nicolardi di Napoli, si schiantò contro un autoarticolato che proveniva in direzione opposta, da nord, trasportando un tubo gigantesco di cemento che traforò il bus sul lato sinistro. Lacrime, urla, polvere, fumo, dolore vivo. Sangue e asfalto nella gola nera della galleria che nascondeva il dolce verde della cintura di colline della città. Locchi – che con la forza e la lucidità dei vent’anni, assieme a tutti i volontari accorsi e alle forze dell’ordine – fece il possibile per tamponare sangue, bagnare ferite, gridare, allertare, difendere e soccorrere ricorda tutto come se fosse successo ieri.

Ci sarà anche lui, oggi sessantente, il prossimo 5 novembre al Teatro della Compagnia di via Cavour con i superstiti di quel pullman, oggi donne e uomini con i capelli imbiancati, e i familiari di quei poveri ragazzini morti. Qui, alle 15, nell’ambito del Festival dei Popoli, il regista Luca Miniero – celebre per per le sue commedie, come "Benvenuti al Sud" – napoletano del Vomero e poco più grande di quei ragazzini, presenterà il film "Dalla parte sbagliata", quella sinistra, quella in cui il tubo portò morte e dolore. "Volevo rendere omaggio a quei ragazzi – ha raccontato di recente a La Nazione – Piano piano, sono riuscito a ritrovare i sopravvissuti a quella tragedia, a contattarli. A invitarli per una cena, nella quale non c’era nessun copione da rispettare, in cui sarebbero stati liberi di dirsi quello che volevano". Ne ha tratto un film intimo e asciutto, sulla vita che non si ferma. “Firenze si è stretta attorno alle famiglie di questi ragazzi: genitori che si sono precipitati su, nella notte, e che sono stati ospitati da famiglie, a Scandicci": ha aggiunto. Già, perché in quelle strane alchimie che si creano con gli atomi del dolore più atroce, che lacera, che si incontrano con gli abbracci e l’umanità tra Napoli e Firenze è rimasto un cordone ombelicale di affetto puro, di riconoscenza nel dolore.