CHIARA CASELLI
Cronaca

Il Maggio riparte con "Peer Gynt": "Un eroe aperto all’avventura"

Nella parte del protagonista del dramma di Henrik Ibsen c’è l’attore fiorentino Sandro Lombardi

Il Maggio riparte con "Peer Gynt": "Un eroe aperto all’avventura"

Il Maggio riparte con "Peer Gynt": "Un eroe aperto all’avventura"

E’ la storia di un giovanotto scapestrato che brucia la vita con mille avventure vagabondando nelle più remote regioni del mondo alla ricerca di un’identità che non trova. Peer Gynt, poema di Ibsen scritto nel 1867 e arricchito nell’adattamento teatrale del 1874 dalle musiche di scena di Edward Grieg, inaugura la stagione invernale del Teatro del Maggio Fiorentino. Andrà in scena il 16 e il 17 gennaio alle 20 (la recita del 16 gennaio sarà trasmessa in differita su Rai Radio 3) in Sala Mehta.

Alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il maestro Nikolas Nägele; la drammaturgia è curata da Pier Paolo Pacini. Gli interventi cantati sono affidati al soprano Aitana Sanz-Pérez e al mezzosoprano Olha Smokolina. Elena Ghiaurov, che interpreta i ruoli femminili (la madre Aase e l’amata Solvejg) e Annibale Pavone che è il mago, affiancano il grande attore fiorentino Sandro Lombardi che veste i panni del protagonista e ci illustra lo spettacolo.

Chi è Peer Gynt, un Ulisse del Nord, un ingenuo Don Giovanni o un sognatore impenitente?

"Peer è un uomo aperto all’avventura intesa nel suo senso più profondo, sempre attento a cogliere i momenti più significativi che la vita gli riserva. É un eroe e un antieroe al contempo. Costruisce il suo mondo tassello per tassello, cercando il significato delle cose senza moralismi. Considerato che il dramma nasce a fine ’800, è di una modernità sorprendente. Ibsen l’ha scritto in Italia: il risultato un incontro-scontro tra la mitologia nordica ed una dimensione mediterranea, l’espressione di un immaginario che accosta le nevi del nord e il cuore assolato del sud".

Tutto il contrario di Casa di Bambola…

"Se proprio volessi trovare un termine di confronto dovrei indicare ’I giganti della Montagna’ di Pirandello: sia Peer Gynt che i Giganti rappresentano un caso unico nell’opera dei loro autori: due capolavori della drammaturgia occidentale che non si limitano ad essere tali ma contengono e riassumono un intero percorso di vita. L’epopea di Peer Gynt ha la stessa strepitosa profondità psicologica dell’Ibsen più conosciuto".

E la musica di Grieg, così nota per le incursioni pubblicitarie dei tempi di Carosello, non semplifica il dramma?

"Non direi. Piuttosto ha la grandezza della conquista della semplicità. Grieg scrisse le musiche di scena seguendo il dramma passo per passo ed è riuscito ad esaltarne ogni passaggio. Non senza fatica, come ammise lui stesso. É la semplicità profonda dell’artista che ha voluto e saputo essere complesso. L’adattamento di Pier Paolo Pacini non riguarda tanto l’ampiezza della storia quanto il numero dei personaggi, dai trenta originari a quattro: Peer, Solveig, Aase e il mago. I tre attori interagiscono fra di loro e con orchestra, coro e cantanti in un’azione scenica alternata alla musica".

Alla fine Solvejg, fanciulla dagli occhi bassi e dalle trecce d’oro, riesce salvare il suo amato?

"Sono due le donne salvifiche: la madre, che muore alla fine del primo atto e Solvejg, una sorta di Beatrice. Ma il finale è ambiguo: il diavolo fa notare a Peer di non essere degno nemmeno dell’Inferno. Vero è che i messaggi più interessanti delle opere drammaturgiche sono proprio quelli ambigui. C’è molta più profondità nel dubbio che nell’affermazione di una certezza".