FIRENZE
Una macchinetta contasoldi nel retrobottega di via della Saggina, nel rione fiorentino di Quaracchi, e nella filiale di via Filzi, a Prato. Perché di banconote da contare ce n’erano tante. La banca clandestina cinese, tra il novembre del 2020 e il marzo del 2021, il periodo di monitoraggio della guardia di finanza, avrebbe movimentato complessivamente tre milioni di euro. Due milioni e ducentomila euro nella sede “centrale“ di Quaracchi, quasi 800mila nella succursale pratese.
Nei due sportelli, mascherati da negozio di elettronica, si alternavano marito e moglie, Airen Zhang e Yan Yujie, i due coniugi finiti entrambi in manette nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm Ester Nocera, con l’accusa di essere il fulcro di un’articolata associazione per delinquere dai tratti orientali.
I vettori. Le indagini hanno messo in luce che i metodi per far arrivare i soldi degli imprenditori cinesi di Firenze e Prato in patria, erano molteplici. Per gli importi più piccoli, venivano utilizzate due piattaforme social, WeChat e Alipay, che la comunità cinese usa anche per il trasferimento delle cosiddette “buste rosse“ utilizzate per scambiarsi doni durante le festività. Ma per importi più cospicui, i bancari locali utilizzavano dei fornitori cinesi, che anticipavano le somme da consegnare ai soggetti indicati dai clienti “italiani“.
Commissione e guadagni. "Questi soggetti - annotano gli inquirenti -, con cadenza quasi giornaliera, venivano contattati dagli indagati per anticipare e trasferire ai clienti finali le somme richieste che venivano poi puntualmente loro versate dagli stessi indagati, unitamente ad un importo corrisposto loro a titolo di “commissione”. A fronte di tali prestazioni questi ultimi, considerati veri e propri “grossisti” a cui i dettaglianti Zhang e Yan si rivolgevano, avevano un guadagno derivante sia dalla commissione versatagli sia dal tasso di cambio applicato, inferiore a quello ufficiale. Il guadagno invece per i dettaglianti Zhang e Yan sia che si trattasse di trasferimenti per importi elevati che per importi di piccolo valore era anche in questo caso quello derivante sia da una commissione pagatagli dai loro clienti sia dal tasso di cambio applicato, inferiore a quello ufficiale".
Le cimici. Ma gli indagati erano scaltri, accorti perché consapevoli dell’illecità dell’attività di banca clandestina allestita. Nell’ottobre 2020, la finanza accede in via della Saggina assieme a tecnici telefonici per nascondere delle cimici per intercettare le conversazione nel locale. Zhang si insospettisce e chiama la moglie affinché dica alla ’zia’ "di portargli un cacciavite a croce che è in casa poiché “lui”, riferendosi ad uno dei tecnici, è entrato nella stanza e ha aperto tutte quelle cose, riferendosi alle prese di corrente". Zhang dice anche che se installano una cimice "sono finiti" e invita tutti a fare attenzione.
stefano brogioni