I reati della disperazione. Tra alcol e dipendenze criminali senza freni: "Il Ramadan non c’entra"

Gli ultimi fatti hanno sconvolto anche la comunità islamica che prende le distanze dopo il regolamento di conti davanti alla moschea. L’imam di Firenze: "Sono smarriti, gli abusi li portano sulla via sbagliata". .

I reati della disperazione. Tra alcol e dipendenze criminali senza freni: "Il Ramadan non c’entra"

I reati della disperazione. Tra alcol e dipendenze criminali senza freni: "Il Ramadan non c’entra"

C’è un minimo comune denominatore in tutti i fatti di sangue accaduti in questi gironi a Firenze: a commetterli sono stati degli extracomunitari. Eludendo le sintesi banalmente xenofobi e andando oltre le sentenze populiste, quella che emerge è una situazione d’emergenza, inquinata da disperazione e rabbia. E nonostante il mese sacro del Ramadan in essere, che oltre il digiuno e l’astinenza è per definizione il periodo della purificazione, in cui il fedele impara l’autodisciplina, il controllo degli impulsi fisici, nonché l’appartenenza alla comunità, uno scontro fisico è andato in scena anche davanti alla moschea di Borgo Allegri, dove un commerciante è stato raggiunto da un pugno, ruggine di una rissa avvenuta poche ore prima (che ha coinvolto una decina di stranieri) in via Palazzuolo. All’interno della moschea, in quei frangenti, era in corso una preghiera e l’imam di Firenze, Izzedine Elzir, è rimasto particolarmente colpito dalla scena.

Ma perché assistiamo a questa escalation di violenza? C’è una possibile correlazione con un periodo che magari può provocare stress psico-fisici? "Siamo di fronte a ragazzi problematici, giovani che non hanno un punto di riferimento e sono smarriti da soli in città", spiega l’imam Elzir. "Ma una cosa è certa: il Ramadan non è un momento dove nervosismi e rigurgiti di rabbia vengono fuori, anzi, si tratta di un periodo dove il fedele ritrova la pace, la serenità e un senso di condivisione con i propri fratelli".

Prima l’omicidio commesso in zona stazione, poi le aggressioni di sabato sera, dove un giovane 22enne italiano è stato accoltellato e un altro di 36 anni è stato minacciato con una lama e rapinato da una gang in zona Cascine. Si tratta di individui che, senza emettere sentenze, "non frequentano la moschea, e quasi sicuramente non aderiscono neanche al Ramadan", continua l’imam.

Non sono praticanti, mentre lo è "il commerciante aggredito – continua –, molto spesso presente in moschea, e che purtroppo si è ritrovato in mezzo a questa brutta storia".

Ma chi sono questi ragazzi? Perché si macchiano di questi reati della disperazione? "Non conosco né loro, né le loro famiglie, ma so che si tratta di giovani senza una guida. Tanto meno religiosa". A questo si aggiungono poi "droghe e alcol" che gli "annebbiano la vista, spingendoli verso la via sbagliata". Arrivano in Italia "e si trovano da soli, qui molto spesso non hanno amici o conoscenti e non riescono a integrarsi", aggiunge l’imam. Molti, per sopravvivere, scelgono quindi "la via del crimine".

La speranza, come si usa dire, è l’ultima a morire. E la comunità islamica, con in testa l’imam, resta comunque vicino a questi ragazzi (in molti casi minori stranieri non accompagnanti)."Parlo spesso con loro quando facciamo le nostre visite in carcere: sia a Sollicciano, sia in quello minorile", aggiunge. "Non li abbandoniamo, abbiamo un contatto frequente con loro. E non abbiamo pregiudizi. Ascoltiamo le loro storie, cerchiamo di comprendere i loro dolori. Le porte della moschea sono aperte per loro", conclude l’imam.

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