I bus ai francesi Un primo passo verso l’Europa

Gigi

Paoli

Perché se c’è una cosa di cui ha bisogno la nostra terra, oltre a una corposa iniezione di denaro fresco post-pandemia, è lo scardinamento dell’ordine precostituito e cristallizzato da decenni. Per dirla in parole semplici: la giostra è fatta girare sempre dagli stessi, vincono sempre gli stessi

e gli stessi fanno quasi sempre il minimo sindacale per mantenere una rendita di posizione vista ormai come un qualcosa di inevitabile, tipo il sole che nasce a est e tramonta a ovest. Un sistema che ha la nefasta conseguenza di ritenere l’etica del risultato, cioè la qualità del servizio al cittadino, come assolutamente irrilevante ai fini del mantenimento del potere. E dunque ben vengano i bus ai francesi, che sicuramente si scontreranno con la mentalità borbonica del nostro sistema economico e legislativo, dove non esiste una legge che dica con chiarezza se quello è bianco o se è nero, ma spesso si deve ricorrere all’immensa zona grigia dell’interpretazione della norma, per cui vale tutto e il contrario di tutto. La speranza è che affidare i bus ai francesi – la cui capacità di gestione, sia chiaro, non approviamo a scatola chiusa, ma valuteremo nei prossimi mesi – sia solo il primo passo di un ampio programma di liberalizzazioni vere, di respiro europeo, che porti qui non i fondi d’investimento scellerati

che vogliono chiudere Gkn da Londra, ma società tedesche, danesi o spagnole.

E speriamo che, anche per questo programma, non si debba citare nuovamente

la celebre risposta che proprio

De Gaulle – tanto per parlare di francesi – dette a un supporter che, alla fine di un comizio, gli urlò: "Mio generale, morte ai cretini". La risposta ha fatto storia: "Vasto programma". Confidiamo che almeno questo sia un po’ meno impossibile.

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