
Un momento dell'incontro al Mise
Firenze, 7 ottobre 2021 - I lavoratori Gkn di Campi alla 'conquista' di Roma. Circa 120 operai sono partiti alle 6 di questa mattina dalla fabbrica di viale Fratelli Cervi, con svariati pullman e altrettante auto, per raggiungere la Capitale per una serie di incontri istituzionali e di piazza.
Prima tappa è il Pantheon, in piazza della Rotonda, per un presidio insieme ai lavoratori Alitalia per far sentire al governo che la lotta di piazza continua, anzi diventa più forte ogni giorno. Le tute blu di Campi, sfilando per le vie del centro di Roma, 'armati' di bandiere' si sono fatti sentire con cori, tamburi, fischietti. "Insorgiamo" è il grido unanime degli operai che dallo scorso 9 luglio sono in assemblea permanente dopo che la proprietà - il fondo inglese Melrose - ha deciso di chiudere la fabbrica e mandare tutti a casa.

Dopo il presidio, i lavoratori sono attesi in Parlamento per la presentazione del ddl antidelocalizzazioni scritto dagli operai Gkn insieme ai giuristi 'solidali'. A presentare il documento Matteo Mantero, senatore di Potere al popolo e Yana Ehm, deputata del Gruppo Misto, insieme ai delegati Rsu. Il testo delle tute blu è anche al centro di una petizione che ha già oltrepassato le 48mila firme.

Alle 15, invece, al Mise è convocato il tavolo istituzionale (e gli operai faranno un picchetto sotto la sede del Ministero), e a seguire è in programma l'incontro previsto dall'articolo 9 del contratto collettivo tra le organizzazioni sindacali, i delegati delle Rsu e il management dell'azienda.
Alla Camera
Poco dopo le 12, nella sala stampa della Camera dei deputati, in via della Missione, è stato presentato il ddl anti-delocalizzazioni degli operai Gkn. Relatori Dario Salvetti, delegato rsu di Gkn, i giuristi solidali, Matteo Mantero (Senato – Potere al popolo), Yana Ehm (Camera – Gruppo misto).
"A Campi Bisenzio ci sarà uno scheletro industriale da bonificare? O un'azienda con continuità produttiva?" dice Salvetti nel suo discorso introduttivo. "Noi rimaniamo lì dentro perché l'eventuale riconversione non sia una farsa a cui spesso abbiamo assistito". Il disegno di legge “Misure a sostegno del mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi a livello nazionale e di contrasto al fenomeno delle delocalizzazioni" si basa su sette articoli. Il primo articolo recita: "Al fine di garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo, le disposizioni di cui alla presente legge si applicano alle imprese che occupino almeno 100 lavoratori a qualunque titolo utilizzati e/o impiegati nell’attività di impresa e che intendano procedere alla chiusura di un’unità produttiva situata nel territorio nazionale.

Il ddl anti-delocalizzazioni
Dice il senatore Matteo Mantero, tra i primi firmatari del Ddl: "Questo ddl fa scuola in primo luogo per come è stato scritto. Rispetta la prima richiesta degli operai: una legge scritta non sulle loro teste ma con le loro teste. Per noi di Potere al popolo è stato naturale appoggiare questo metodo: è così che intendiamo la nostra organizzazione – fondata sul principio del controllo popolare – ed è per questo che nasciamo, perché ogni decisione che ha effetti sulla vita associata venga presa con il coinvolgimento attivo e il controllo vincolante dei diretti interessati". Mantero continua : "In secondo luogo questo ddl fa scuola perché mostra l'inadeguatezza dell'attuale legislazione in materia di delocalizzazioni, e mostra anche quanto la politica sia stata finora supina agli industriali. Questo ddl impedisce che un'azienda possa chiudere una unità produttiva e licenziare dal giorno alla notte. Il ddl prevede infatti il coinvolgimento costante della controparte sindacale, a partire dai delegati dei lavoratori, e obbliga l'azienda a produrre un piano che consenta di cambiare proprietà mantenendo i livelli occupazionali e la tecnologia sul territorio. L'intervento dello Stato è molto più presente, sia in fase di controllo del processo di cessione degli impianti, sia nel caso in cui si ritenga necessario un intervento diretto volto a salvaguardare un patrimonio industriale ritenuto strategico. Nel caso della Gkn, ad esempio, lo Stato potrebbe intervenire per riconvertire la fabbrica alla mobilità sostenibile e collettiva, sarebbe un precedente positivo per stimolare la riconversione di tutta la filiera automotive".