Georgofili, gli ultimi temi di Nadia. L’innocenza contro il male: "Ho capito che nel mondo c’è chi mi vuole bene"

Gli scritti della piccola Nencioni poche settimane prima della sua morte. La nascita di Caterina: "Abbiamo fatto i cartelli con scritto ’Ben arrivata’"

Nadia Nencioni abbraccia la sorellina Caterina

Nadia Nencioni abbraccia la sorellina Caterina

Firenze, 24 maggio 2023 - Certe piccole parole hanno un furore evocativo raro, una potenza narrativa difficile da spiegare. Entrano come lame nella carne. Forse è meglio leggerle, soltanto leggerle.

Firenze, 10 aprile 1993. Titolo: è nata mia sorella. Svolgimento: Martedì è nata la mia sorella Caterina. Mamma e babbo si preparano, io sono sempre a russare nel mio dolce letto. Mamma ha fatto un po’ di rumore e io mi sono svegliata, sono andata in cucina e ho visto che erano vestiti. Ho chiesto cosa era successo e mi hanno spiegato. Mi sono vestita di corsa e siamo partiti per andare all’ospedale. Siamo arrivati e hanno sentito il battito del cuore di Caterina, poi sono arrivati il nonno e la zia (la nonna è a casa perché ha le stampelle) che sono venuti a prendermi e portarmi a casa. Quando si stava per andar via ci siamo messi d’accordo che se nasceva ci telefonavano. Alle 9,20 è nata e alle 9,50 ci hanno telefonato e ci hanno avvertiti. Quando siamo arrivati erano le 11,30. Aveva i capelli rossi, occhi marroni e una tutina. La mamma era con la flebo per aiutarla con i dolori. E’ restata da martedì a sabato, che è oggi. Le abbiamo preparato tutti i festoni e i cartelli con scritto ’Ben arrivata Caterina’.

Sotto il tema Nadia disegna una signora vestita di giallo con un bel sorriso. Spinge un passeggino dal quale spunta solo una coperta rossa e tiene in mano un ombrello perché piove. Cinquanta giorni dopo, in una notte calda di prima estate, un Fiorino imbottito di una miscela esplosiva di 250 chili di tritolo, nitroglicerina, T4 e pentrite spaccò in due il cielo di Firenze e la nostra storia e spazzò via l’innocenza di Nadia che volò via con la sua sorellina, il babbo e la mamma.

Rileggere i temi della piccola Nencioni è una scossa, un corto circuito temporale. Perché in quegli scritti semplici e acuti ognuno può ritrovare qualcosa, qualcosa dell’infanzia quando il mondo ha una sua logica, dei suoi colori e non contempla il male. Lo spartiacque tra noi e Nadia, che oggi sarebbe grossomodo una nostra coetanea, è il destino. Tutti quella notte dormivamo in riva d’Arno. Ma i nostri letti erano lontani da quel Fiorino maledetto, il suo a pochi metri di distanza.

Leggiamo ancora. Tema: Autobiografia. Svolgimento: Io sono nata il 4 novembre, di domenica. Tutti aspettavano un maschio, fuori che la nonna che diceva che ero una femmina. Quando poi sono nata, non facevo altro che piangere. Quando poi sono cresciuta ho capito cosa era il mondo e cosa era la mia famiglia, mi sono resa conto che c’era qualcuno che mi voleva bene.

Quando Luigi Dainelli, zio della bambine, ci consegnò la raccolta dei temi di Nadia sua moglie, zia delle piccole e sorella di Fabrizio, disse soltanto: "Non raccontate chissà cosa. Era una bambina, solo una bambina come tutte". Disse una cosa semplice. Sì, ma gigantesca. Perché è la dolce semplicità di questi scritti che, paragonata alla follia omicida dei cattivi di questa storia, ci disegna davanti la distanza abissale che c’è tra il bene e il male.

Il 19 maggio del 1993 Nadia scrive il suo ultimo tema prima della strage. Racconta di una gita sul Vesuvio. Era un monte, nel mezzo c’era una buca profonda. Di fronte c’era una baracca dove vendevano tutte le pietre preziose. Io chiedo alla mamma: Mi compri questa scatola di pietre preziose? La mamma: Quella più piccola sì. Io ho risposto di sì, mi sono accontentata. Altrimenti non mi comprava neanche quella scatolina di nove pietre preziose.

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