
Firenze ’indigesta’ culla di amicizie Berlusconi e gli eredi in terra nemica
di Pietro Mecarozzi
Amore e odio. Strappi e amicizie. Eredi e delfini. La storia politica di Silvio Berlusconi con Firenze, e la Toscana, è tra le più complesse, ingarbugliate, avvincenti. "Detoscanizzare l’Italia" è la frase simbolo con la quale identificava la Regione Toscana come il fortino politico per eccellenza rosso da scalfire e conquistare. Cosa che, malgrado tutti gli sforzi sostenuti nel tempo, non gli riuscì mai fino in fondo. La vera madeleine di Proust quando si parla di Firenze è però Denis Verdini, chiamato semplicemente "Denis".
È lui la figura che evoca i ricordi più vividi, e fa da garante per il Cav con il mondo fiorentino. Verdini è stato l’ultimo defibrillatore di Berlusconi: con il patto del Nazareno del 2014 resuscitò il leader di Forza Italia dopo la condanna, la decadenza da senatore e i sondaggi che affossavano il partito. Verdini dal 2008 al 2015 ha tenuto le redini di Forza Italia. Decideva liste, nomi da candidare, struttura delle leggi elettorali. Era il copilota della linea azzurra, amico pragmatico, fedele delfino che non hai mai preteso un posto da sottosegretario, nonostante l’importante contributo dato a Berlusconi nel penetrare tra le file della borghesia fiorentina (e toscana). Verdini faceva e sfaceva. "Il nostro è un rapporto basato sul fare", spiegò una volta lo stesso ex plenipotenziario.
Quel fare che diede per l’appunto vita anche al patto del Nazareno, l’accordo politico siglato tra l’allora segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, e Berlusconi con gli obiettivi di procedere a una serie di riforme fra cui quella del titolo V della parte II della Costituzione, la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie e l’approvazione di una nuova legge elettorale. In Matteo Renzi il Cavaliere trovò una pagina bianca sulla quale lasciare il testamento politico. Più di Fini, superiore ad Alfano, surclassando i vari Salvini, Toti, Tajani, Brugnaro e Bestetti, l’enfant prodige fiorentino si incontrò con Berlusconi la prima volta nel 2005, in occasione del flop di Maurizio Scelli, quando l’allora commissario della Croce Rossa tentò di organizzare il suo movimento politico. Berlusconi aspettò due ore in prefettura che il palazzetto dello sport si riempisse e, nel frattempo, si intrattenne con l’allora presidente della provincia di Firenze, ovvero Renzi, che lo era andato a salutare. Al termine del colloquio, il leader forzista consacrò quell’amicizia nata nella difficoltà a modo suo : "Caro Renzi, ma come fa uno bravo come lei a stare con i comunisti?". Da allora i due hanno continuato a seguirsi a distanza. Renzi passò poi in Comune, mentre Berlusconi fece in tempo a perdere (2006) e rivincere (2008) le elezioni. Il rottamatore entrò nel cuore dell’ex leader di Forza Italia anche perché riuscì a spingere fuori dai giochi gli storici capi del Pd, a partire da D’Alema, Veltroni e Bersani. Da lì la consacrazione, al punto che il Cavaliere non potè negare la somiglianza politica e ideologica con l’attuale leader di Italia Viva.
Berlusconi, salvo le trame di palazzo, non ha mai però instaurato un rapporto popolare con la città. Ai suoi meeting nei grandi hotel non seguirono mai bagni di folla. Del tutto conflittuale fu il dialogo con la Procura di Firenze, tra le più dure nei suoi confronti. Un ricordo commosso, invece, è quello del sindaco Dario Nardella, che dice: "La sua scomparsa non può lasciare nessuno indifferente, anche chi, come me, si è trovato su posizioni politiche distanti".