Stefano Brogioni
Cronaca

Morì nell’esplosione alla Fadini In 7 a processo, anche l’ex questore

Tutti rinviati a giudizio gli imputati per lo scoppio in cui perse la vita l’artificiere Giovanni Politi Braccio di ferro sulla smerigliatrice che avrebbe innescato le fiamme: non era in dotazione ma veniva usata

L’ex questore di Firenze, Alberto Intini. Era in carica nel 2018 quando morì Politi

Firenze, 24 novembre 2021 - Ci sarà un processo per la morte dell’artificiere Giovanni Politi. E davanti al giudice compariranno i vertici dell’epoca della questura. Il gup Piergiorgio Ponticelli ha disposto il rinvio a giudizio di sette persone, per l’esplosione che nel febbraio del 2018 divampò nella caserma Fadini, alla Fortezza da Basso, e uccise l’artificiere che, terminato il turno di lavoro, si trovava nella stanza numero 55.

Tra i sette rinviati a giudizio (prima udienza il 16 settembre prossimo davanti al giudice Faralli) spicca l’ex questore ed ex prefetto di Imperia, Alberto Intini, oltre ad altri funzionari e colleghi di lavoro dell’artificiere tragicamente deceduto. La decisione del gup, Piergiorgio Ponticelli, è arrivata nel primo pomeriggio di ieri, al termine di una mattinata in cui i legali degli imputati hanno replicato alle conclusioni del pubblico ministero Fabio Di Vizio e delle parti civili. Decisione non affatto scontata, visto lo svolgimento della lunga udienza preliminare.

Lo scorso settembre, al posto della sentenza, era sorta la necessità di approfondire sulla smerigliatrice che sarebbe stata utilizzata da Politi e che sarebbe stata l’innesco della tremenda esplosione. La stanza 55 della Fadini era infatti usata come “riservetta“ di materiale esplodente. Le scintille causate dall’arnese, avrebbero fatto da miccia ai petardoni stipati nella stanza, e dopo il primo innesco, quel locale diventò un inferno che s’inghiottì Politi, morto carbonizzato ad appena 51 anni.

Le argomentazioni dei difensori (gli avvocati Luca Bisori, Federico Bagattini, Francesco Maresca, Vincenzo De Franco, Lapo Bechelli, Matilde Gabrielli, Massimo Biffa) si erano concentrate proprio sulla smerigliatrice e sull’uso inopportuno da parte dell’artificiere, che sarebbe già stato richiamato dai suoi superiori per questo “hobby“ che prevedeva appunto l’uso di questo utensile. Attrezzo che, come è stato accertato nel corso dell’udienza, non rientra nella dotazione ufficiale prevista dal Ministero, ma che, come ha indicato il consulente della procura, Paride Minervini, è utilizzata ugualmente dagli artificieri per alcune lavorazioni come ad esempio la preparazione del “robottino“.

Altro argomento delle difese era quello della "abnormità dela condotta", ovvero la spropositata negligenza che l’artificiere avrebbe compiuto facendo scintille vicino a potenziali bombe. Temi che torneranno nel dibattimento a cui non potranno sottrarsi Intini e gli altri sette imputati. "Sorpresi per il rinvio a giudizio in quanto ritenevamo accertati nel corso dell’udienza preliminare alcuni punti essenziali per escludere la necessità del dibattimento", commenta l’avvocato Maresca, legale di Intini. "Si tratta di un caso in cui è minima la possibilità di condanna", aggiunge Bagattini.