Da lì passarono tutti i grandi della cultura del Novecento

Cosimo

Ceccuti

Per i fiorentini, e non solo, le "Giubbe Rosse" sono un patrimonio da non perdere, fra i simboli più alti della cultura del Novecento, erede del Caffè Michelangelo di ottocentesca memoria, caro ai pittori Macchiaioli. Nato nel 1896 come caffè-birreria, in pieno stile belle époque, il locale deve la sua fama all’avere accolto, ai suoi tavoli,

i protagonisti dei maggiori fermenti culturali innovatori. Giovani di successive generazioni, inquieti e ansiosi del "nuovo" ad ogni costo, impegnati ad elaborare, in vivaci confronti, le loro idee anticipatrici. È il caso dell’avvio della lunga stagione delle riviste, quali il "Leonardo" dei diciotto-diciannovenni Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, percorso da venature nazionaliste, destinate a trovare una più esplicita espressione nel "Regno" di Giovanni Corradini. Là in Piazza Vittorio Emanuele II, oggi della Repubblica, nel 1908 Prezzolini concepirà

"La Voce". È soprattutto il caso dei Futuristi, da Papini a Soffici, a Palazzeschi, il più trasgressivo, indimenticabile autore delle Sorelle Materassi. Fu alle Giubbe Rosse che venne preparata la grande serata futurista al teatro Verdi del 1913, lo stesso anno della clamorosa scazzottata nel locale cittadino fra futuristi milanesi e fiorentini: fautori del futurismo "industriale" gli uni, di un futurismo "metaforico" gli altri, più idealista e meno materialista. Sede della redazione, fra 1913 e 1915, del periodico "Lacerba" portavoce del movimento, e dei dibattiti accesi sulle "provocazioni" dell’"Italia Futurista".

Negli anni del regime sono le riviste di Alessandro Bonsanti, da "Solaria" a "Letteratura", a dominare la scena, seguite nel 1938 da "Campo di Marte" di Vasco Pratolini, Piero Bigongiari e Alessandro Parronchi. In quel medesimo 1938, nelle sale dove nel 1910 erano per la prima volta apparsi i camerieri con le "giubbe rosse", Carlo Bo anima il movimento Letteratura come vita, bandiera degli "ermetici" che avrebbe raccolto intorno sé personalità dell’altezza di Mario Luzi, Giuseppe Ungaretti, Tommaso Landolfi.

Ambienti destinati a riunire i rappresentanti del potere letterario "ereticale" e implicitamente dissidente di fronte alla retorica fascista, da Montale a Carocci. Nonché

un grande artista solitario e inclassificabile come Ottone Rosai. Al di là dei grandi nomi è l’atmosfera quotidiana a lungo respirata fra piccoli e grandi progetti volti al futuro,

a caratterizzare lo storico Caffè Formidabile "luogo d’incontro", nella formazione delle correnti artistiche e letterarie, nel succedersi degli stili, dei gusti e delle mode. Costante punto di riferimento di italiani e stranieri, come Silvio Loffredo ed Ezra Pound: fino alla "poesia visiva" del "Gruppo 70" e al circuito dei poeti "Ottovolante", rigeneratori del clima di creatività diffusa.

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