"C’è un legame profondo tra via D’Amelio e Firenze"

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo: "Resta un velo di mistero sulle tragedie"

C’è un filo rosso che collega la strage di via D’Amelio a quella dei Georgofili. E non è soltanto il sangue delle vittime, il magistrato Paolo Borsellino da un lato, la famiglia Nencioni e lo studente Dario Capolicchio dall’altro. C’è una traccia sommersa, dolorante, condivisa da Firenze e Palermo, che coinvolge criminalità organizzata e Stato. Una vicinanza tra le due tragedie che tocca nel profondo anche chi non vive nel capoluogo toscano, ma ha subito gli effetti della crudeltà mafiosa sulla propria pelle. Come nel caso di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.

Borsellino, cosa ha provato quando ha visto il fumo che saliva dalle macerie in via dei Georgofili, i corpi esanimi a terra, il terrore che avvolgeva la città e l’Italia intera?

"Ho capito che c’era la firma della mafia, e che la strage era collegata direttamente a quella che nel 1992 mi cambiò la vita, ovvero quella di via D’Amelio, dove mio fratello Paolo morì. Entrambi gli attentati facevano parte di una strategia, quella che ha portato al colpo di Stato per mano di Cosa Nostra".

Si spieghi meglio.

"Georgofili, via D’Amelio, Capaci e via Palestro sono l’emanazione diretta della trattativa Stato-Mafia. Quella trattativa che, secondo una recente sentenza (Corte di Cassazione di fine aprile ndr), non costituisce reato.

Resta un velo di mistero a coprire queste pagine nere del Paese".

Si troverà mai la verità?

"Combatto da trent’anni per avere giustizia. Ma, come per via d’Amelio, credo che anche per la strage dei Georgofili ci siano troppi punti oscuri che non troveranno mai la luce. Nel processo di allora non si è scavato a fondo: manca la testimonianza del portiere che aveva visto due uomini con una borsa, non viene citata la presenza di una donna, e altri tasselli fondamentali sono stati del tutto ignorati. Cose che capitano quando sono coinvolti pezzi deviati dei servizi".

Sostiene che la criminalità organizzata non abbia agito da sola?

"Non sono state solo mani mafiose, e tra l’altro non è mai successo che in attentati preparati solo ed esclusivamente dalla mafia abbiamo partecipato delle donne, come invece si è verificato in via dei Georgofili".

L’esplosione ha anche infranto l’immagine di una Firenze incontaminata. La mafia c’era, invece, e continua a esserci.

"I tentacoli mafiosi sono in tutte le regioni di Italia, nessuna esclusa. Ci sono da tempo, mimetizzati nei gangli puliti della società. Firenze negli anni ha saputo rispondere bene ai tentativi di inquinamento delle criminalità organizzata, e credo che i cittadini, dopo l’evento dei Georgofili, abbiamo alzati gli scudi per impedire a questo cancro di prendersi tutto".

Pietro Mecarozzi

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