"Case popolari, il sistema crolla". In Toscana crescono i nuovi poveri

Nicola Perini, presidente Confservizi Cispel: "Crisi da affrontare, sennò la gente finisce in strada"

"Case popolari, il sistema crolla". In Toscana crescono i nuovi poveri

"Case popolari, il sistema crolla". In Toscana crescono i nuovi poveri

Nicola Perini, presidente di Confservizi Cispel Toscana, qual è la situazione del disagio abitativo in Toscana?

"La domanda di alloggi a prezzo calmierato aumenta, mentre il numero di alloggi Erp si riduce. Negli ultimi anni la povertà è aumentata in Italia e in Toscana, e con essa le famiglie con redditi bassi. La domanda inevasa di alloggi Erp è circa 15.000 nuclei familiari, il numero di case è da anni fermo a quota 50.000, e si sta riducendo perché gli alloggi di risulta non vengono ristrutturati in assenza di fondi nazionali. La forbice quindi fra domanda e offerta si sta allargando in tutte e due le direzioni. Un problema serio per il welfare regionale, considerato che la casa è uno dei temi più rilevanti delle politiche sociali".

Perché non si realizzano nuovi alloggi o almeno si sistemano quelli lasciati liberi?

"Da alcuni anni il fondo nazionale dedicato a nuove case non esiste più, e quindi i pochi alloggi realizzati sono stati possibili grazie a fondi occasionali. Senza un fondo nazionale per la costruzione di nuovi alloggi non è possibile costruire nuove ’case popolari’. Inoltre, dall’anno scorso non è più finanziato il fondo nazionale per la ristrutturazione degli alloggi di risulta, così i gestori non riescono a rimettere a reddito appartamenti abbandonati e spesso lasciati in pessime condizioni. Anche questa attività deve essere finanziata da fondi pubblici, non è possibile coprire questi costi con i soli ricavi da canone, il cui gettito sta diminuendo a seguito dell’aumento della povertà e aumenta anche la morosità".

Cosa emerge dalla vostra analisi?

"Il sistema oggi non riesce a far fronte alla domanda, e sta subendo i primi effetti della non sostenibilità economica. Secondo le previsioni di scenario elaborate da Nomisma e da noi presentate in un evento pubblico al quale era stata invitata la Regione, nel giro di 4/6 anni il sistema non sarà più in grado di rispondere ai requisiti minimi del servizio che è stato chiamato ad erogare, né a garantire una quota sufficiente per gestire la manutenzione straordinaria del patrimonio. Si stima una perdita di valore di circa 15 milioni in pochi anni, su circa 80 milioni di costi e ricavi. Le risorse disponibili per le manutenzioni crolleranno da 23 milioni a 7/8. Una crisi strutturale da affrontare subito, per non lasciare chi ha più bisogno in mezzo alla strada".

Le vostre proposte?

"Prima di tutto ripristinare il fondo nazionale e regionale per la ristrutturazione degli alloggi di risulta, servono circa 30 milioni l’anno. Poi serve definire a scala nazionale e regionale un vero e proprio Piano Casa finanziato da risorse pubbliche adeguate per costruire nuovi alloggi, in una logica di rigenerazione urbana, riuso di edifici esistenti senza consumare ulteriore suolo, costruendo alloggi ecosostenibili. Per farlo serve un’iniezione importante di risorse pubbliche, non più rinviabile, e invece nonostante da anni nelle politiche di welfare si parli di Piano Casa e di emergenza, non cambia niente. Non si capisce perché il bilancio pubblico sostenga la sanità, l’assistenza sociale e persino il Tpl o la transizione energetica, e non l’Erp. È incomprensibile, viene il dubbio che la povertà sia un tema poco interessante per la politica. Il Governo ha stanziato recentemente solo 50 milioni nel 2028 e altrettanti nel 2029: pochi e tardi".

In sintesi qual è il problema di fondo?

"Il settore non è regolato in modo moderno e maturo come gli altri servizi pubblici locali, ma è rimasto legato ad uno schema arcaico per cui si spendono i pochi soldi che ci sono, e se non ci sono non si spendono. A svantaggio del servizio pubblico che eroghiamo e del valore del patrimonio edilizio di proprietà dei Comuni. Come associazione regionale di riferimento del settore, auspichiamo che sia regolato come gli altri comparti. In altri paesi, indipendentemente dai modelli gestionali, un appartamento sociale costa 300/350 euro al mese. Noi in Toscana abbiamo oggi risorse per 150, di cui 110 dai canoni. Non è difficile capire che di questo passo, le aziende non saranno più in grado di garantire il mantenimento del patrimonio esistente, quale che sia la sua condizione. Così stando le cose, il settore è destinato a capitolare".

R. E.

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