Carlo Lapucci, il letterato militante

Francesco

Gurrieri

Carlo Lapucci, letterato militante nella linguistica e nelle tradizioni popolari, ci ha regalato un’altra delle sue singolarissime sillogi: una raccolta di componimenti popolari, nati e cresciuti soprattutto in osteria. Canzoni, disturne ed altro, esauritesi nella prima metà del secolo scorso e pur ancora vivissime e inesauste nella memoria. C’è un vero e proprio "teatro d’osteria" - ci dice Lapucci -, che aveva un suo repertorio, con testi spesso passati nel repertorio goliardico, oggetto poi di infinite manipolazioni. Si trattava di testi che non venivano scritti né codificati, affidati alla memoria, trasferendosi ai frequentatori e adattandosi liberamente, con contaminazioni e appendici, alla fantasia e all’estro degli attori improvvisati. Si tratta di un segmento di letteratura fatto di realizzazioni parodistiche, di satira, di invenzioni comiche a configurare quasi un’Atlantide perduta. Lapucci aveva già affrontato con successo questi temi in una sua recente pubblicazione , ma qui allarga la rete della sua pesca nello specifico del linguaggio d’osteria. La "Disturna tra una contadina e una signora" e "La commemorazione di Bugarone", quest’ultima con i dialoghi fra Bista, Oreste, Evaristo e Golo, sono teatro allo stato puro. Ma il "Dizionario" repertorio terminologico costituisce la non secondaria ricchezza di questo impegno lapucciano. Si apre con "Accapponato" (detto di chi è mogio per avere subito un furto, un pignoramento ed essere rimasto a mani vuote), si passa per "Nacchero" (goffo cliente che frequenta l’osteria per inserirsi in una compagnia, ma non ha i requisiti fondamentali per un compare, quindi persona ridicola), per finire con la "Zuppa del Seghetti" (per dire del pane inzuppato nel vino). Insomma, un dizionario che vuol far luce sulla vita segreta di una realtà dimenticata, sia per la modestia del suo impianto, sia per la cattiva fama dalla quale l’osteria è stata ingiustamente perseguitata. Un contesto, comunque, dove ubriaconi e malfattori sedevano insieme a pensatori e scrittori di grande levatura. Una "livella" sociale ormai perduta.

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