Borse e abiti contraffatti. Padre e figlio nei guai: "Vendevano all’estero"

Condannato il 63enne a due anni e otto mesi, rinviato a giudizio il 26enne. Trovata merce rubata, rotoli con il logo del brand e certificati di qualità tarocchi.

Borse e abiti contraffatti. Padre e figlio nei guai: "Vendevano all’estero"

Borse e abiti contraffatti. Padre e figlio nei guai: "Vendevano all’estero"

FIRENZE

Sciarpe Gucci, borse Chanel, scarpe Balenciaga, camice e maglie Hermes, e poi accessori e abbigliamento firmato Fendi, Valentino, Dior, Prada e Louis Vuitton. Avevano solo il top dei marchi di alta moda nel loro catalogo i due commercianti, padre e figlio di origine iraniane, accusati di ricettazione, contraffazione, esportazione in un altro Stato di prodotti contraffatti e alterati e occultamento o distruzione di documenti contabili. Per il padre 63enne – difeso dall’avvocato Niccolò Morelli –, pochi giorni fa è arrivata la condanna, con rito abbreviato, a due anni e otto mesi di reclusione e 6mila euro di multa, contro i quattro anni e quattro mesi chiesti dal pm titolare dell’inchiesta Christine von Borries. Mentre il figlio 26enne, difeso dal legale Veronica Biagini, ha scelto di affrontare il processo con il rito ordinario ed è stato rinviato a giudizio dal giudice Sara Farini.

Quello dei due era un business che faceva perno su due tipologie di merci: quelle contraffatte, o quelle rubate da persone terze direttamente dalle botteghe intermedarie dei grandi marchi. L’estero era il principale mercato della Fashion connection, nome dell’azienda dei due iraniani, Malpensa era invece l’aeroporto più gettonato per far partire i pacchi. Il giro di affari? Secondo l’accusa, si tratta di decine di migliaia di euro, accumulati grazie al prezzo sì vantaggioso se messo a confronto a quello di un articolo originale, ma comunque con molti zeri.

Nel magazzino dei due, gli inquirenti hanno sequestrato centinaia di capi di brand famosi, ma anche rotoli di tessuti con il logo della casa di moda, rubati dai laboratori di lavorazione sparsi sul territorio italiano. Materiale molto prezioso, che oltre al valore economico elevato, ha dato modo ai due di modellare prodotti a uso e consumo delle richieste (online) dei clienti.

In uno dei due immobili dove venivano custodita la merce, sono anche stati rinvenuti una quarantina di certificati di qualità del marchio, tutti contraffatti, che i due utilizzavano per dare un ulteriore ’timbro’ di autenticità ai prodotti e convicere così il cliente. Nello stabile sono stati poi trovati prodotti per ogni gusto: calzature Bottega Veneta, cravatte Hermes, foulard Alexander McQueen, giubbotto Blumarine, profumi, ciondoli e perfino asciugamani griffati Hermes.

P.m.